ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

03/27/2024 | Press release | Distributed by Public on 03/28/2024 03:12

Elezioni “alla Putin” per il Venezuela

Il Venezuela potrebbe avere a fine luglio delle elezioni molto simili a quelle che hanno assegnato l'ennesimo trionfo in Russia a Vladimir Putin. Il presidente Nicolas Maduro se la vedrà con undici rivali, ma sulla scheda elettorale i venezuelani non vedranno il simbolo della piattaforma unita delle opposizioni, la Mud, la cui candidata Corina Yoris è stata esclusa a causa di un presunto guasto tecnico al sistema di accettazione delle candidature del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE).

Le accuse di frode

Maria Corina Machado, la leader dell'opposizione che è stata interdetta dalla politica attiva dalla giustizia, è stata molto chiara nel denunciare una manovra che, secondo il fronte dei partiti anti governativi, assomiglia ad una gigantesca frode. "La verità è che è successo quello che temevamo e denunciavamo da molto tempo. Il governo ha scelto i candidati con i quali disputare le prossime elezioni, hanno paura di andare ad elezioni libere perché sanno che il popolo non li appoggia". La Machado aveva annunciato in extremis il nome di Corina Yoris, filosofa e accademica di 80 anni che era stata scelta dalla coalizione di 10 partiti come candidata da contrappore alla voglia di rielezione del presidente Nicolas Maduro. Una mossa che ai più era sembrata molto astuta, già che la Coris, personalità di alto profilo intellettuale ma assolutamente nuova per la scena politica venezuelana, aveva la fedina penale completamente limpida e quindi era praticamente impossibile inventare su due piedi accuse di tradimento o congiura come è stato fatto per tanti altri dirigenti d'opposizione per toglierli dai giochi. Subito dopo la scelta del suo nome la MUD ha tentato per quattro giorni a mettere il suo nome nel portale del consiglio elettorale, ma lo stesso è apparso sempre fuori sistema e alla fine è rimasto escluso. Un guasto tecnico molto sospetto perché tutti gli altri candidati hanno invece potuto accedere al sistema senza problemi.

La partita sicura di Maduro

Una manovra molto conveniente per il presidente Maduro che, con toni trionfalistici, si prepara così ad una corsa senza grandi. Contro di lui ci saranno i candidati di partiti tradizionali della politica venezuelana, come il democristiano Copei o il socialdemocratico AD, che sono però stati svuotati negli ultimi anni dal regime chavista. La giustizia elettorale li ha commissariati, imponendo dirigenti vicini all'esecutivo; oggi rimane la loro sigla, ma non hanno nessun peso specifico nel panorama politico, abbandonati dalla stragrande maggioranza dei loro sostenitori. L'unico nome di peso che si contrappone a Maduro sarà Manuel Rosales, storico dirigente dell'opposizione che in passato fu anche candidato contro lo stesso Hugo Chavez. Rosales è attualmente governatore dello stato industriale dello Zulia, con capitale Maracaibo e la sua figura è molto controversa perché per lo zoccolo duro antichavista rappresenterebbe un'opzione dialoghista con il governo, non certo un elemento di rottura. Maduro, dal canto suo, ride sotto i baffi e preferisce ignorare le denunce derivate dall'esclusione della Yoris dalla corsa elettorale. Se vincerà la sua sarà una vittoria alla Vladimir Putin con più dubbi che incertezze sulla regolarità dello scrutinio. Nell'accettare la candidatura del PSUV, il partito-Stato che governa da 24 anni il Venezuela, il presidente ha fatto capire che non teme le proteste di chi si sente defraudato dalla manovra sporca messa in gioco dal CNE. "Il 28 luglio andremo a votare, con l'opposizione o senza di loro. A noi non preoccupano questi squallidi politicanti di destra, noi vinceremo e saremo sempre a fianco del popolo, solo del popolo venezuelano".

Le contestazioni internazionali

L'esclusione della Yoris ha fatto clamore a livello regionale. Un blocco di sette paesi latinoamericani composto da Argentina, Uruguay, Paraguay, Guatemala, Costarica, Ecuador e Perù, ha espresso una dura condanna contro la decisione del CNE, ma bisogna tener presente che il Venezuela conta sull'appoggio tacito del colombiano Gustavo Petro, del messicano Lopez Obrador e soprattutto del brasiliano Lula da Silva. Maduro, insomma, non è solo e sembra non temere nemmeno le ripercussioni a livello di sanzioni internazionali. Cinque mesi fa il suo governo aveva sottoscritto un impegno alle isole Barbados per garantire elezioni libere, democratiche e senza esclusione di nessuno. Grazie a questo impegno era riuscito a ottenere un alleggerimento delle sanzioni alle esportazioni del greggio venezuelano, una misura importante per un Paese attraversato da una gravissima crisi economica. Oggi quell'impegno è diventato carta straccia e ci si aspetta una presa di posizione da parte dell'Europa e degli Stati Uniti. Al chavismo, però, tutto questo sembra non importare nel momento in cui in gioco c''è la permanenza al potere. Il Venezuela, così, sembra sempre più destinato a diventare come il Nicaragua o la stessa Russia, una pseudo-democrazia dove a vincere sarà sempre e comunque chi detta le regole del gioco.