ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

03/27/2024 | Press release | Distributed by Public on 03/28/2024 03:12

In Senegal ha vinto la democrazia

Fino a pochi giorni fa non molti conoscevano il suo nome e ora diventerà il nuovo presidente del Senegal. La vittoria al primo turno delle presidenziali di Bassirou Diomaye Faye, 44 anni, conclude un periodo turbolento sulla scena politica senegalese e conferma, secondo diversi osservatori, la resilienza democratica del paese dell'Africa Occidentale, con un'ascesa che ha dell'incredibile. Figlio di contadini ed ex ispettore del fisco, Faye è stato segretario generale del Pastef (Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l'etica e la fraternità), sciolto lo scorso agosto, e uno stretto alleato di Ousmane Sonko, fondatore del movimento ed esponente di spicco dell'opposizione. Come lui, fino al 15 marzo, appena dieci giorni prima del voto, si trovava in carcere con un'accusa per diffamazione. Entrambi sono stati scarcerati grazie a un'amnistia, ma poiché il Consiglio costituzionale del Senegal aveva respinto la candidatura di Sonko, la scelta delle opposizioni riunite in un'unica piattaforma è ricaduta su Faye. Il suo principale rivale nel voto di domenica, il candidato del partito al governo Amadou Ba, ha ammesso la sconfitta lunedì sera quando, a scrutinio ormai avanzato, è diventato chiaro che Faye aveva ottenuto più del 50% dei voti necessari per essere eletto al primo turno, e il presidente uscente Macky Sall si è congratulato con lui: "Questa - ha detto - è la vittoria della democrazia senegalese".

Un voto per il cambiamento?

Soprannominato dai sostenitori 'Mister Clean' per la sua campagna anticorruzione, Faye è considerato dai critici un politico 'antisistema' e accusato di non avere alcuna esperienza di governo. Ma dal suo punto di vista gli addetti ai lavori che hanno governato il paese dall'indipendenza ad oggi hanno svenduto le sue ricchezze e tradito la fiducia dei senegalesi. La sua vittoria potrebbe preannunciare un cambiamento profondo, non solo perché sarà il più giovane presidente del Senegal e il più giovane capo di stato africano democraticamente eletto: Faye è un convinto sostenitore della necessità di rinegoziare gli accordi internazionali su una quantità di dossier: dal gas al petrolio, alla pesca e la difesa perché, sostiene: "Devono essere vantaggiosi per tutti". Inoltre, ha più volte dichiarato che, se fosse stato eletto, avrebbe guidato il paese verso l'uscita dal franco CFA, una moneta in uso in diversi paesi africani ex colonie francesi, che è regolata dalla Banca centrale francese e ha un cambio fisso con l'euro. L'obiettivo finale, nel lungo periodo, è di creare una moneta unica per tutti i paesi che fanno parte della Comunità Economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS). Anche il rafforzamento dell'indipendenza giudiziaria e la creazione di posti di lavoro sono priorità chiave per il neoeletto presidente, che in campagna elettorale ha ricevuto endorsement di peso da parte dell'ex primo ministro Aminata Touré e dell'ex presidente Abdoulaye Wade.

Un'alternativa credibile?

Con il suo panafricanismo di sinistra, che mette in risalto con temi come l'indipendenza, la riappropriazione delle risorse naturali, nonché una revisione del sistema presidenziale per sottoporlo a misure di salvaguardia, Faye ha acceso le speranze dei giovani senegalesi. Un elettorato particolarmente significativo in un paese dove il 75% della popolazione ha meno di 35 anni e dove - nonostante la forte crescita economica - la disoccupazione rimane elevata, soprattutto tra i giovani. Proprio come l'inflazione, che negli ultimi anni è aumentata e pesa sul tenore di vita delle famiglie. Secondo i dati di Afrobarometer, tre senegalesi su dieci tra i 18 e i 35 anni sono senza lavoro. D'ora in poi Faye sarà chiamato a confrontarsi con le loro aspettative, ma non sarà solo: il suo successo è legato anche alla credibilità di un movimento, il Pastef, e del suo leader Ousmane Sonko, che in questi anni, proprio mentre il governo Sall dava l'impressione di voler replicare la parabola autoritaria in cui cadono molti paesi africani, hanno incarnato agli occhi di molti un'alternativa. Il secondo mandato di Sall è stato segnato dalla violenza e dal declino democratico: secondo Human Rights Watch, negli ultimi tre anni dozzine di manifestanti sono stati uccisi e oltre un migliaio incarcerate con accuse politicamente motivate.

Un messaggio di democrazia?

Dopo aver cercato di rinviare il voto inizialmente fissato per il 25 febbraio, il presidente Sall - in carica dal 2012 e giunto alla fine del secondo mandato - ha ceduto alle pressioni della piazza e del suo stesso partito, convocando i senegalesi alle urne. Lo scorso fine settimana, più di sette milioni di elettori si sono messi in coda in un clima pacifico e ordinato, in netta contrapposizione con le tensioni dei mesi scorsi. "La democrazia del Senegal è stata in grado di produrre tutti gli anticorpi necessari per guarire e resistere", osserva Alioune Tine, fondatore del think tank Afrikajom Center, dopo che nel suo primo discorso Faye ha rivolto i suoi complimenti ai cittadini e salutato "la maturità del nostro popolo e il suo attaccamento alla democrazia, alla giustizia e all'uguaglianza". In un'ondata di solidarietà continentale, Faye ha lanciato un appello ai suoi "fratelli e sorelle africani" affinché consolidino i risultati dell'integrazione regionale, mentre sulla scena internazionale - ha detto - "il Senegal promette di restare un partner affidabile e rispettato, con cui collaborare in uno spirito di "cooperazione virtuosa, rispettosa e reciprocamente produttiva". Un segnale forte inviato a donatori e investitori stranieri per rassicurarli sulla stabilità del paese. Quella appena tratteggiata dal Senegal, infatti, è una pagina di rottura ma in netto contrasto con la serie di colpi di stato che hanno trasformato altri paesi della regione in dittature militari. E rappresenta un messaggio politico forte a tutti gli africani: anche il voto può cambiare le cose.

Il commento

Di Giovanni Carbone, Head, Programma Africa ISPI

"Indubbiamente un outsider, di Bassirou Diomaye Faye si cita molto una frase passata: "mai avrei pensato di fare politica". Ma se davvero la politica è l'arte del compromesso, dovrà adesso farne tanta. Dovrà riuscire, per cominciare, a preservare la diarchia con Ousmane Sonko, a trovare la quadra tra proposte radicali e reali spazi di manovra, e a scrivere una pagina diversa nei rapporti con Parigi, evitando una rottura completa".

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A cura della redazione di  ISPI Online Publications (Responsabile Daily Focus: Alessia De Luca,  ISPI Advisor for Online Publications)

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