ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

05/10/2024 | Press release | Distributed by Public on 05/10/2024 08:29

Com’è andato il viaggio di Xi in Europa

Il leader cinese Xi Jinping lascia l'Europa sollevato: l'eterogeneo tour di cinque giorni nel vecchio continente non si presentava facile sin dalla vigilia. Rispetto all'ultima visita, nel marzo 2019, Xi ha trovato un'Europa cambiata, più affaticata dalle tante emergenze - a partire da quella sanitaria propagatasi proprio dalla Cina nel 2020 - e alla vigilia di un test elettorale che potrebbe rimetterne in discussione l'identità. Il presidente cinese ha incontrato a Parigi il suo omologo francese Emmanuel Macron e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Con loro si è discusso di questioni commerciali, ma soprattutto di sicurezza e del presunto sostegno militare di Pechino alla Russia nell'invasione dell'Ucraina. Sebbene Xi abbia rivendicatola neutralità della Cina, è anche vero che negli ultimi due anni in Europa si è temuto il rafforzamento dell'asse Mosca-Pechino. La delegazione composta da oltre 400 persone e guidata dagli alti vertici della leadership comunista cinese si è poi spostata a Belgrado, accolta da tappeti rossi e ovazioni di massa. Xi ha incontrato il presidente della Serbia Aleksandar Vucic per rinsaldare quella che hanno chiamato "amicizia d'acciaio". Infine, l'ultima tappa del tour è stata Budapest, alla corte del premier ungherese Viktor Orban, di cui Xi ha omaggiato "l'indipendenza" in politica estera. Un tour quindi con cui Xi Jinping ha cercato di coniugare il dialogo con quella parte d'Europa più timorosa della Cina al flirt con quei paesi che, invece, vedono nel gigante asiatico un amico fraterno.

A Parigi per salvare la reputazione?

L'arrivo domenica scorsa a Parigi aveva innanzitutto un proposito celebrativo: i sessant'anni di rapporti diplomatici tra la Repubblica Popolare Cinese e la Francia, primo paese occidentale a riconoscere formalmente Pechino il cambio di regime. Dopo lo scambio di omaggi - cognac francese per Xi e una copia in cinese di Madame Bovary per Macron - i due leader hanno parlato della guerra in Ucraina, col presidente francese che ha salutato positivamente l'impegno delle autorità di Pechino a non vendere armi e a controllare rigorosamente le vendite di prodotti e tecnologia che possono essere usati per scopi militari. Dal canto suo, il presidente cinese ha ribadito il principio che guida la politica estera della Cina di non interferenza negli affari interni di altri paesi. Anche se la vera speranza di Macron è che Xi possa far leva sulla Russia e far finire la guerra in Ucraina: "Dobbiamo lavorare con la Cina per costruire la pace", aveva detto il capo dell'Eliseo in un'intervista all'Economist alla vigilia dell'arrivo di Xi. E se quest'ultimo ha invitato le parti a "ripristinare i contatti e il dialogo", ricordando come tutti i conflitti siano stati risolti attraverso il negoziato, è anche vero che in questi due anni non si è vista un'azione diplomatica cinese volta a ripristinare la pace in Europa. Un'opportunità in tal senso si presenterà a fine mese, con la visita annunciata del presidente russo Vladimir Putin in Cina. Nella due giorni francese - in cui i due presidenti e le consorti hanno visitato anche i Pirenei - Xi Jinping ha incontrato pure la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen. L'anno scorso Bruxelles ha avviato un'indagine sull'industria cinese dei veicoli elettrici e potrebbe imporre dazi sulle auto esportate sul mercato europeo, che - dichiara von der Leyen - "resterà aperto agli investimenti e ad una concorrenza leale, ma non fa bene all'Europa se ciò pregiudica la nostra sicurezza e ci rende vulnerabili".


Un "amico d'acciaio"?

Da Parigi, Xi si è spostato a Belgrado. La data dell'arrivo non è stata casuale. Lo scorso 7 maggio ricorrevano infatti i 25 anni dal bombardamento dell'ambasciata cinese durante la campagna NATO contro la Serbia di Slobodan Milosevic. Nel paese balcanico, la delegazione cinese è stata accolta dalle massime onorificenze. D'altro canto, la Cina dal 2020 ha scalato i vertici dei partner commerciali serbi, fino a tallonare la prima posizione occupata dalla Germania. Con la cosiddetta "diplomazia del vaccino", Pechino ha aumentato la propria presenza in Serbia, fatta di ingenti crediti per infrastrutture e fabbriche strategiche per l'economia locale. I due paesi hanno siglato ben 28 tra accordi bilaterali e protocolli d'intesa a livello ministeriale con cui aumenteranno la cooperazione. I rapporti commerciali, ciò per cui Xi e Vucic definiscono "amicizia d'acciaio" la relazione tra i propri paesi, rappresentano un tipico esempio del win-win caro alla Cina. Da un lato, Pechino estende la ramificazione europea della Belt and Road Initiative (BRI), dall'altro Belgrado ottiene finanziamenti per autostrade, ponti e ferrovie senza dover dare troppe garanzie di sostenibilità per la realizzazione dei progetti. La conseguenza principale è che molti degli investimenti cinesi sembrano non rispettare gli standard europei, che la Serbia, in quando candidato UE, dovrebbe rispettare. Tuttavia, Pechino ha tutto l'interesse affinché Belgrado proceda nel suo cammino verso Bruxelles, vedendo nel paese balcanico quel cavallo di Troia indispensabile per continuare a penetrare il mercato europeo.

Un "futuro condiviso"?

L'ultima fermata del tour europeo di Xi è stata Budapest. Ma da Belgrado, non ci è arrivato con l'alta velocità che, proprio grazie a un credito cinese da quasi due miliardi di euro, andrà a rinnovare la ferrovia che collega le due capitali, perché il progetto è al momento bloccato da un'indagine della Commissione europea. Nella capitale magiara, il leader cinese ha parlato di "futuro condiviso", "mutua fiducia politica" e di "posizioni e visioni simili", esortando Budapest a guidare le relazioni della regione con Pechino ed elogiando l'indipendenza in politica estera del governo del premier Orban. I due paesi hanno siglato 18 nuovi accordi per accrescere la cooperazione economica e culturale. "Vorrei rassicurare il presidente [Xi Jinping, ndr] che l'Ungheria continuerà a garantire condizioni giuste alle aziende cinesi che investono nel nostro paese e che creeremo l'opportunità per far incontrare e crescere in Ungheria le tecnologie più moderne occidentali e orientali", ha detto Orban. Pechino ha già investito molto in Ungheria, che è diventato il bastione della propria influenza all'interno dell'UE. Lo dimostra anche l'imminente apertura della prima fabbrica europea di auto elettriche della BYD, un competitor di Tesla, a Szeged, nel sud dell'Ungheria. Il paese ospita già diversi produttori di batterie al litio per auto elettriche e diventerà strategico in questo settore emergente. Infine, Budapest potrebbe presto divenire un altro snodo di quell'hub infrastrutturale che parte dal porto del Pireo d'Atene e penetra l'Europa centrale. Anche qui, insomma, Xi ha incassato le lodi del win-win: crescita dell'economia locale, con buona pace dei competitor occidentali, ed espansione della BRI cinese.

Il commento

Di Filippo Fasulo, Co-Head, Osservatorio Geoeconomia ISPI

"Xi Jinping è venuto in Europa per rilanciare i rapporti con l'Europa in una fase di crescente competizione. I paesi scelti - Francia, Ungheria e Serbia - sono tutti, a titolo diverso, fautori di un rapporto con Pechino non mediato dagli Stati Uniti. In particolare, Macron ha puntato ad accreditarsi come principale interlocutore europeo con la Cina grazie a uno stretto rapporto personale con Xi e presentandosi all'incontro insieme a Ursula Von der Leyen, riprendendo così il modello degli incontri del 2019, quando però aveva partecipato anche la Germania con Angela Merkel. I buoni rapporti tra Macron non sono però serviti più di tanto a facilitare il dialogo, visto che la questione più pressante per l'Europa, quella dell'overcapacity produttiva cinese, è stata respinta nettamente dal leader cinese. "

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