ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

04/14/2024 | Press release | Distributed by Public on 04/13/2024 17:40

L’Iran attacca Israele, e adesso

Teheran ha lanciato contro Israele un attacco con dozzine di droni e missili, alcuni dei quali sono stati intercettati sui cieli di Giordania e Siria. L'esercito israeliano ha dichiarato detto che i droni potrebbero impiegare alcune ore ad arrivare, mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che il paese è "pronto per qualsiasi scenario". La leadership iraniana aveva avvertito che Israele sarebbe stato "punito" per un attacco al suo consolato in Siria il 1° aprile, anche se sino ad ora l'Iran aveva evitato il confronto diretto con Israele durante il conflitto tra quest'ultimo e Hamas

Con l'attacco al consolato iraniano a Damasco del primo aprile, infatti, ampiamente attribuito a Israele in assenza di un'assunzione ufficiale di responsabilità, Tel Aviv aveva dimostrato di poter colpire i luoghi e le persone simbolo della presenza iraniana nella regione. Il raid, che ha provocato la morte di diversi pasdaran, tra cui il generale Mohammad Reza Zahedi, ha mostrato caratteristiche diverse rispetto agli attacchi che Israele compie ormai da anni in territorio siriano, quasi sempre senza rivendicarli. Se di solito, infatti, le incursioni in Siria delle Forze di difesa israeliane (Idf) prendono di mira depositi di armi e infrastrutture della rete di gruppi e milizie filoiraniane, in questo caso ad essere colpita è stata la sede diplomatica ufficiale di un paese membro delle Nazioni Unite, in una chiara violazione del diritto consuetudinario internazionale, che vede ambasciate e consolati come luoghi "inviolabili". L'iniziativa è stata sin da subito una sorta di stress test per Teheran, la cui risposta tanto annunciata si è infine concretizzata.

Via da Gaza per una guerra più grande?

L'innalzamento della tensione fra Israele e Iran coincide temporalmente con il primo concreto disimpegno militare di Tel Aviv dalla Striscia di Gaza dopo sei mesi. Domenica 7 aprile, infatti, l'esercito israeliano ha annunciato di aver ritirato le sue forze di terra da Khan Younis, nel sud dell'enclave palestinese, dopo mesi di raid aerei e operazioni via terra che hanno lasciato gran parte della città in rovina. Le Idf hanno dichiarato domenica che la 98esima divisione aveva "concluso la sua missione" a Khan Younis e stava lasciando la Striscia di. L'esercito israeliano ha però precisato che "una forza significativa guidata dalla 162esima divisione e dalla brigata Nahal continua ad operare nella Striscia per condurre precise operazioni basate sull'intelligence". Il confronto aperto con l'Iran riporta ora l'attenzione verso un altro fronte, mentre a Gaza non è stato raggiunto l'obiettivo di sgominare Hamas, né tanto meno quello di liberare tutti gli ostaggi israeliani.

Cosa era successo a Damasco?

Nell'attacco a Damasco del primo aprile scorso erano rimasti uccisi il generale di brigata Mohammad Reza Zahedi, alto comandante della forza Quds del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc) e il suo vice, il generale Mohammad Hadi Hajriahimi. Zahedi era considerato una delle principali risorse di Teheran nella regione mediorientale in quanto responsabile operativo e logistico in Siria e Libano e uomo di collegamento col partito-milizia libanese Hezbollah per la fornitura di armi iraniane. Zahedi rappresenta inoltre l'ufficiale di grado più alto dell'Irgc a essere stato ucciso da gennaio 2020, quando a essere eliminato fu il generale e leader della forza Quds, Qassem Soleimani, colpito da un raid statunitense in Iraq. Stando all'Osservatorio siriano per i diritti umani, una ONG con sede a Londra che si avvale di una rete di collaboratori sul campo, il bilancio ufficiale dell'attacco all'ambasciata è salito a 14 vittime. Tra questi vi sarebbero cinque miliziani siriani filo-Teheran, un membro di Hezbollah e otto cittadini iraniani (sette dei quali affiliati ai pasdaran). L'ambasciatore iraniano in Siria, Hossein Akbari, si sarebbe salvato, assieme alla famiglia, poiché non presente nel luogo colpito dal raid.