CREA - Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria

04/29/2024 | News release | Distributed by Public on 04/29/2024 03:16

#Podcast Agrifuturo: puntata n. 7, eventi meteorologici estremi

NEWS
remove
29 APR 2024

#Podcast Agrifuturo: puntata n. 7, eventi meteorologici estremi

Cosa intendiamo per eventi estremi e ad alto impatto? Sono davvero in aumento? E, ancora, in quale misura gli eventi che consideriamo estremi sono da imputare al cambiamento climatico? Sono queste le domande a cui cerca di rispondere il #podcast Agrifuturo con l'episodio n. 7 "Eventi meteorologici estremi, a cura, tra gli altri, del CREA Politiche e Bioeconomia".

Condividi
share

Per spiegare cosa sono gli eventi estremi - ad esempio, ondate di calore particolarmente intense o persistenti - il narratore lascia la parola all'IPCC - Gruppo Governativo sul Cambiamento Climatico, l'autorità in materia. Premettendo che le definizioni di "raro" sono varie, a seconda delle applicazioni, l'IPCC dice che - di per sé - un evento è estremo in due casi: se è senza precedenti oppure se è raro, cioè se la sua frequenza di accadimento è molto bassa. Diversi, invece, sono gli eventi ad alto impatto, come ad esempio la grandine o le gelate tardive: si tratta di eventi non particolarmente rari, ma che causano impatti estremamente rilevanti. La grandine, da sempre, rappresenta un pericolo meteo climatico che crea forti danni all'agricoltura in Emilia-Romagna, regione pilota del Progetto Life ADA - ADaptation in Agriculture. Si verifica in associazione a un temporale violento e di breve durata, tipicamente nella stagione estiva. Per la maggior parte dei casi, non è un fenomeno "senza precedenti" ma, anche in questo caso, la sua estensione nel tempo e sul territorio o le dimensioni dei chicchi, talvolta, possono essere tali da far categorizzare l'evento come "estremo". Solo la misurazione delle variabili che lo caratterizzano e il confronto con i dati passati può darci questa indicazione.

Passando alla domanda se la frequenza degli eventi estremi e ad alto impatto sia aumentata, viene citato nuovamente l'IPPC, secondo il quale è un fatto assodato che il cambiamento climatico di origine antropica abbia portato a un aumento della frequenza e dell'intensità di alcuni fenomeni meteorologici e climatici estremi, rispetto all'epoca preindustriale, in particolare per quanto riguarda gli estremi di temperatura. Si parla, quindi, di ondate di calore e siccità, ma anche di piogge intense: viene portato l'esempio dei periodi di siccità nel Nord Italia, che sono raddoppiati negli ultimi due decenni e la peggiore mai registrata, da quando esistono i dati osservati, è stata nel 2022. Tra l'altro, come riportato nella precedente puntata sulla siccità , secondo il Rapporto SNPA, il 2022 in Italia è stato l'anno meno piovoso dal 1961.

Più complesso è il discorso che riguarda gli eventi ad alto impatto - si dice ancora nell'introduzione del podcast -anche perché la quantificazione degli impatti dipende anche dal numero di segnalazioni, che è sicuramente in aumento, grazie alla maggiore diffusione della citizen science e dei social network in generale. Resta comunque di estrema importanza analizzare, anno per anno, i dati raccolti. Nel caso della grandine, lo European Severe Weather Database segnala che - per il numero di eventi e per le dimensioni dei chicchi - l'anno 2023 in Europa è stato da record, così come le due stagioni precedenti. La voce narrante ricorda che, tra il 24 e il 25 luglio del 2023, sono state osservate grandinate estese a più regioni del Nord Italia, con dimensioni record dei chicchi di grandine, fino al 19 cm, che hanno causato danni particolarmente ingenti all'agricoltura fra cui, ad esempio, riduzioni dell'ordine del 68% della produzione su 5000 ettari di superficie occupata da viti nel Friuli-Venezia Giulia.

Giungendo al terzo punto, quando si verifica un evento estremo, è normale chiedersi se sia stato causato dai cambiamenti climatici antropici o se, al contrario, sia frutto della naturale variabilità del clima. È molto difficile attribuire un evento specifico direttamente ai cambiamenti climatici: #Agrifuturo conduce, quindi, verso una nuova branca della scienza del clima - la scienza dell'attribuzione, nata nei primi anni 2000 - che studia la relazione fra i singoli eventi estremi e il cambiamento climatico antropico. Grazie a queste analisi, gli scienziati sono in grado di definire con quale grado di incertezza il riscaldamento globale causato dall'uomo e le cause naturali abbiano influito sull'entità e sulla probabilità del verificarsi di specifici eventi meteo estremi. Il gruppo di ricerca internazionale di riferimento per questi studi è il World Weather Atribution, una collaborazione tra scienziati esperti di clima, appartenenti a diversi enti di ricerca internazionali.

Dopo aver ribadito che, al di là della scienza dell'attribuzione, il riscaldamento globale sta provocando un aumento dell'energia in gioco in atmosfera e, di conseguenza, si sta osservando un'accelerazione del ciclo idrologico, con una maggiore evaporazione a livello globale, il narratore propone di ripercorrere - con Carlo Cacciamani, climatologo - l'alluvione in Emilia-Romagna del maggio 2023.

Anche in quell'occasione, è stato condotto uno studio di attribuzione, pubblicato il 31 maggio 2023 dal gruppo di scienziati del World Weather Attribution. Dal titolo - Il ruolo limitato del cambiamento climatico nelle forti precipitazioni primaverili in Emilia Romagna - si evince che la metodologia applicata ha portato alla conclusione che, allo stato attuale delle ricerche e dei dati a disposizione nell'immediato, non sembra che gli eventi alluvionali di maggio 2023 siano stati resi più probabili dall'aumento della concentrazione di gas serra nell'atmosfera, prodotta dalle attività umane. Lo Studio citato è, però, solo un primo tentativo - precisa lo speaker . È importante evidenziare che, se è vero che questi primi risultati non provano l'esistenza di una correlazione tra riscaldamento globale e l'alluvione in Romagna, è altrettanto vero che non ne dimostrano l'assenza. È possibile che, in futuro, altri studi scientifici arrivino a conclusioni diverse.

Cosa pensa dello studio condotto dagli scienziati del World Weather Attribution? Ecco le parole di Cacciamani: «In genere, gli studi di attribuzione - che vanno a capire se un dato fenomeno o singolo è legato, o come è legato, a un trend climatico - sono complessi, funzionano molto bene allorché l'anomalia è termica - quindi abbiamo valori molto elevati di temperatura - e c'è molta più incertezza legata agli estremi di precipitazione. Questo, secondo me, va premesso. In genere, è molto difficile, in ogni caso, fare questa operazione di attribuzione; nella fattispecie, citando questo Studio occorre qualche perplessità che, peraltro, è stata anche manifestata anche da altre persone: c'è anche una nota di un post pubblicato dal blog climalteranti, per esempio, che ha fatto un'analisi di questo studio di attribuzione: dal momento che, probabilmente, le piogge che sono state prese in considerazione in quello studio non sono proprio le piogge che hanno determinato quei massimi, ma è stata fatta una sorta di media sul periodo più a lungo e su un'area più grande che, probabilmente, poi ha fatto sì che l'attribuzione sia risultata - come dire - complicata da definire. Ecco, probabilmente, rifare quello studio mettendo i massimi di pioggia puntuali che si sono verificati su territori anche più modesti, poteva dare un risultato diverso. Però, a prescindere da questa analisi, la cosa da sottolineare, almeno a mio parere, non è tanto che un singolo evento possa o non possa essere attribuito al Climate Change, ma la cosa certa, che va sicuramente detta, è che alla frequenza di occorrenza di fenomeni di questo tipo è cresciuta negli ultimi decenni ed è destinata a crescere a causa del Climate Change. E questo è sicuramente il punto sul quale probabilmente non c'è nulla da poter obiettare. Lo studio singolo di attribuzione, invece, è soggetto a una valutazione che può anche essere - fra virgolette - interpretata in maniera non dico sbagliata però opinabile».

L'alluvione ha provocato ingenti danni. Il settore agricolo è stato uno dei più colpiti: parliamo non solo di mancati raccolti, ma di danni più duraturi ai suoli agricoli che, una volta conclusa la fase più acuta dell'emergenza, sono riemersi ricoperti e sigillati da uno strato di fango, nelle zone di pianura. Senza contare i danni ancora più strutturali, dovuti alle frane nei territori collinari. Questo significa che gli agricoltori, nei prossimi anni, dovranno mettere in atto misure per rigenerare le funzionalità chimiche, fisiche e biologiche dei terreni, almeno laddove sia possibile.

Su questo si sta impegnando il gruppo di lavoro "Emergenza Terreni Alluvionati", che è stato attivato all'interno del gruppo operativo APPLICA ed è coordinato da I.Ter e Ri-nova. Il gruppo di lavoro è composto da ricercatori, agricoltori e tecnici che, insieme, hanno partecipato a sopralluoghi tecnici nelle aree più colpite dall'alluvione dello scorso maggio.

Le attività sono state organizzate nell'ambito del Piano di Sviluppo Rurale dell'Emilia-Romagna 2014-2020. Nella seconda parte della puntata, ne parla Carla Scotti, presidente di I.Ter, pedologa esperta e referente scientifico del gruppo operativo APPLICA.

Tra i risultati ottenuti lungo il percorso, elenca i seguenti: «Innanzitutto, abbiamo condiviso che c'erano delle aree veramente diverse. Abbiamo distinto le aree golenali vicino ai corsi d'acqua, che hanno subìto sia deposizione di sedimenti, con spessori importanti, sia fenomeni di erosione che hanno portato via, in alcuni casi, anche piante e impianti da frutto. Poi abbiamo rilevato delle zone che sono state interessate da un allagamento che è durato al massimo 7 giorni, però all'interno ci sono due sottozone: una zona in cui i sedimenti erano spessi al massimo 3 cm e, invece, una zona in cui i sedimenti da 3 arrivavano fino a 20 cm. E, ovviamente, come è comprensibile, le tecniche di gestione di ripristino dei suoli richiedono un'attenzione completamente diversa. La quarta area, invece, era l'area in cui l'allagamento era da 7 a 20 giorni, però con uno spessore di sedimenti inferiori ai 5 cm. Quindi sono tutte casistiche che noi abbiamo cercato di evidenziare: la diversificazione che l'evento alluvionale ha causato nel territorio. E su queste casistiche il gruppo di lavoro, composto da ricercatori e da tecnici insieme anche agli agricoltori, ha individuato delle note tecniche di riflessione su come intervenire».

L'esperta descrive poi gli effetti provocati dai vari eventi alluvionali sul suolo di pianura: «Quello che ci ha colpito, già a partire dal 31 maggio, quindi pochi giorni dall'ultimo evento dell'alluvione, è che anche dove abbiamo fatto lo studio del suolo con la trivella olandese fino a 110 cm, anche operando dove il fango era liquido, il suolo sotto era umido; quindi, non era completamente saturo. Poi andando a visitare le varie situazioni, ci siamo accorti che effettivamente alcuni agricoltori - dove c'erano sedimenti di 5-7 cm e dove dovevano intervenire - sono riusciti a entrare in campo, proprio grazie alla buona portanza dei suoli perché non erano - all'interno del suolo - saturi d'acqua. Insieme ai tecnici - prosegue Carla Scotti - abbiamo anche verificato la lettura dei sensori utilizzati dagli agricoltori per le scelte di irrigazione e abbiamo potuto notare che, effettivamente, l'acqua si è infiltrata nel suolo ma, subito dopo l'evento piovoso, c'è stato un calo immediato di umidità. Come sapete, i sensori non misurano il quantitativo preciso di acqua, ma danno delle indicazioni di umidità. La nostra interpretazione - conclude - è che il suolo ha fatto il suo lavoro: l'acqua si è infiltrata nei macro pori, non ha saturato completamente il suolo, tant'è che nei micro pori l'aria è rimasta nel suolo e, infatti, le piante hanno avuto una risposta migliore di quello che ci aspettavamo. È chiaro che dobbiamo continuare a monitorare l'effetto, anche sulle piante, per vedere se effettivamente potranno nei prossimi anni ritornare a una normalità ».

Infine, con riferimento alle attività utili a favorire la resilienza del territorio agli eventi eccezionali, la pedologa precisa che «dobbiamo pensare alle attività che si possono fare in tutto il territorio, da monte a valle. Dobbiamo considerare che, è vero che il 20% delle superfici forestali negli ultimi 10 anni è aumentato, però questo aumento della superficie forestale è andata a scapito dell'abbandono: dove sono stati abbandonati terreni agricoli e pascoli, è aumentata la superficie forestale. Quindi è un indicatore che il nostro territorio di montagna è, in parte, abbandonato; questo vuol dire anche abbandono di gestione della regimazione delle acque dei versanti. Questa è una cosa importantissima: regimare le acque bene, in montagna e in pianura, e regimare bene anche le acque delle strade e favorire all'interno dei suoli, in pianura, una maggiore capacità di accettazione dell'acqua - quindi migliorare la capacità del suolo ad accogliere l'acqua, l'acqua si deve infiltrare facilmente. In montagna, in realtà, non è così semplice: perché, se si infiltra troppo il suo lo satura, si hanno fenomeni franosi; se non si infiltra, l'acqua scorre. Quindi è sempre questo l'enigma della gestione della montagna, a seconda delle situazioni geo pedologiche. Cercare in alcuni casi di favorire l'infiltrazione e, in altri casi, di favorire la regimazione delle acque. Non sono attività semplici, non esiste la buona soluzione valida per tutto, è importante continuare a confrontarsi con gli agricoltori, che - ribadisce - hanno un ruolo fondamentale nella gestione del territorio, e con i ricercatori e i tecnici».

#Agrifuturo è un podcast, promosso dal Progetto Life ADA - ADaptation in Agriculture e finanziato dall'Unione Europea, per supportare concretamente il settore agricolo e rafforzare le sue capacità di resilienza ai cambiamenti climatici.

Ascolta la settima puntata del #podcast AgriFuturo

https://www.spreaker.com/.../eventi-metereologici-estremi...

https://open.spotify.com/episode/4gg4BcRtrtqgLrs5HF56rE

https://podcasts.apple.com/.../eventi.../id1674634912...

arrow_back Torna all'elenco

Condividi
share