SVIMEZ - Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno

05/16/2024 | News release | Distributed by Public on 05/16/2024 01:51

“L’autonomia differenziata è un colpo all’Isola”

di Tullio Filippone

su Repubblica Palermo

Una riforma «in contraddizione con la Costituzione», che alla Sicilia sottrarrà risorse per sanità e scuola e potrebbe avere «effetti recessivi». Il direttore dello Svimez, Luca Bianchi, boccia su tutta la linea la riforma costituzionale sull'autonomia differenziata. «Anche la giunta Schifani di centrodestra - dice - dovrebbe opporsi a questa riforma che va oltre gli schieramenti politici e rischia solo di aumentare il divario con il Centro-Nord».

Che conseguenze avrà l'autonomia differenziata per la Sicilia?
«Se si confermasse l'impianto del disegno di legge Calderoli, si determinerebbe una riduzione delle risorse per servizi essenziali come sanità e scuola. Il meccanismo della compartecipazione al finanziamento di queste spese con tributi locali come Iva e Irpef avrebbe anche un effetto a lungo termine. Dato che è una quota fissa, con la crescita del gettito le Regioni più ricche avrebbero più risorse a scapito di quelle più povere».

In che misura?
«Abbiamo fatto una simulazione. Tre Regioni che hanno chiesto di aderire all'autonomia differenziata, come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, avrebbero un extragettito di cinque miliardi. Risorse sottratte ad altre Regioni italiane, tra cui la Sicilia. Ma per la sanità c'è un altro effetto».

Quale?
«Le Regioni con più risorse potranno erogare più prestazioni, e questo finirà per aumentare l'emigrazione sanitaria dal Sud. Per ogni siciliano che si fa curare al Centro-Nord, la Regione sborsa dei soldi per il trattamento sanitario, il che farà aumentare ancora di più il divario. La Sicilia, peraltro, ha già pagato un prezzo alto con piani di rientro e commissariamento».

Sono sufficienti, come sostengono i promotori della riforma, i nuovi Lep, "Livelli essenziali delle prestazioni", per garantire gli stessi servizi a tutti i cittadini?
«Non bastano, perché al momento c'è solo l'impegno a fissare questi livelli essenziali ma non a finanziarli. La sanità, dove ci sono già i "Livelli essenziali di assistenza". è la dimostrazione che con il sistema attuale i servizi non vengono erogati allo stesso modo in tutto il Paese. Si rischia solo di peggiorare quanto non funziona già nella sanità».

Allora un cittadino siciliano sarà "di serie B"?
«Secondo me in parte è già così. Non è possibile stabilire i Lep se non si prevedono risorse aggiuntive peri territori dove i livelli di assistenza minima non sono garantiti. Secondo me questa riforma è in contraddizione con la Costituzione, perché rivede l'autonomia senza copertura dei livelli minimi e senza un fondo di perequazione che consenta un riallineamento dell'offerta dei servizi. Che poi sarebbe il cardine del vecchio federalismo fiscale. La riforma di oggi è un federalismo asimmetrico e non solidale».

E l'istruzione? Ci saranno delle conseguenze anche lì?
«Tutto dipende dall'attuazione della riforma. Se dovesse passare la proposta del Veneto di trasferire il personale alle Regioni, si potrebbe determinare una differenziazione salariale. Cioè: "Ho più soldi e pago di più i miei insegnanti". Ma questo, di fatto, introdurrebbe le gabbie salariali e un'ingiustizia. Perché un insegnante di Milano dovrebbe guadagnare di più di uno in servizio allo Zen di Palermo? Semmai, per il lavoro che fa in un contesto difficile, dovrebbe essere il contrario».

La preoccupa che le Regioni trattino ognuna per sé con lo Stato su temi così delicati?
«Il rischio è proprio questo. A monte c'è una trattativa bilaterale, in cui conta il potere contrattuale della singola Regione e l'orientamento politico del governo di turno, senza che il Parlamento possa interloquire. Il secondo rischio è balcanizzare temi cruciali come l'energia e le infrastrutture».

Eppure c'è chi sostiene che, se si stimola la locomotiva del Paese, si trascina il resto.

«Questo pensiero è simbolo del fallimento in atto da anni. Il risultato è che l'Italia è il Paese che è cresciuto meno in Europa negli ultimi vent'anni. Anche le Regioni del Nord sono andate male perché è venuto meno il contributo di crescita del Sud e della Sicilia, dato che il 20 per cento della domanda viene proprio dal Mezzogiorno. Questa filosofia è ancora più grave oggi, in un momento in cui la Sicilia sta dando segni di ripresa sull'occupazione. L'impatto è difficile da quantificare, ma ci potrebbero essere effetti recessivi».

Anche nel centrodestra siciliano c'è malumore per la riforma.
«Perché questo tema prescinde dagli schieramenti politici. L'autonomia è un tema caro alla Lega, ma è stato proposto in passato dal centrosinistra e poi proseguito dal centrodestra. Basti pensare all'Emilia-Romagna, Regione di sinistra. Deve essere quindi una battaglia di tutti, anche del governo di centrodestra di Schifani che rappresenta tutti i siciliani. Una battaglia che parta dal Sud per il bene di tutto il Paese».