ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

04/18/2024 | Press release | Distributed by Public on 04/18/2024 04:44

Iran: i molti fronti aperti di Teheran

Le elezioni di inizio marzo hanno confermato ancora una volta la forte crisi di legittimità della leadership iraniana. La bassa affluenza alle urne e l'alto numero di schede bianche o nulle hanno infatti dimostrato quanto sia ampio lo scollamento tra l'élite e il popolo iraniano. Oltre che dalla consultazione popolare, gli ultimi mesi sono stati scanditi da molteplici episodi di violenza, soprattutto nelle province periferiche, e da azioni di sabotaggio nei confronti dei gasdotti iraniani. All'interno di questo quadro di crisi anche la situazione economica del paese continua a essere fragile. Sul fronte di politica estera invece Teheran ha continuato a fare delle proprie armi uno strumento di diplomazia politica. Infatti, oltre al persistente supporto ai partner e alleati del cosiddetto "Asse della resistenza", negli ultimi mesi l'Iran ha fornito nuovi missili alla Russia e incrementato la cooperazione militare con diversi paesi africani mostrando un rinnovato interesse verso il continente. Restano invece tese le relazioni con gli Stati Uniti. Nonostante entrambi gli attori cerchino di limitare l'espandersi del conflitto e la sua trasformazione in una guerra regionale, il livello di tensione raggiunto a metà aprile tra Iran e Israele rischia di far naufragare i flebili tentativi di de-escalation.

Quadro interno

Lo scorso primo marzo si sono tenute le elezioni per rinnovare i seggi del parlamento e dell'Assemblea degli esperti. Tuttavia, a causa della sfiducia verso il sistema politico, il voto non è stato una vera e propria competizione elettorale ma di fatto un referendum sulla figura della guida (rahbar) Ali Khamenei e sul sistema da lui plasmato. Le settimane precedenti il voto sono state vissute con preoccupazione da parte della leadership iraniana a causa di un atteso tasso di partecipazione molto basso. La popolazione iraniana, infatti, mostra da tempo un forte senso di sfiducia nei confronti dei propri decisori politici. La dura repressione messa in atto dalle autorità, unita alla squalifica di molti candidati - non soltanto del fronte riformista ma anche di personalità ai vertici del sistema di potere iraniano - hanno ulteriormente esacerbato la disaffezione popolare. La notizia della squalifica di Hassan Rouhani, a cui è stato impedito di essere rieletto all'Assemblea degli esperti, ha ancora una volta messo in evidenza come il sistema non sembri essere disposto ad ascoltare voci "critiche" anche se provengono dall'interno dell'élite politica del paese[1]. Questa e altre squalifiche preventive adottate dal Consiglio dei guardiani hanno ulteriormente contribuito a scoraggiare la partecipazione popolare. Tuttavia, per evitare che il referendum sul rahbar mostrasse quanto si sia eroso il sostegno popolare verso la leadership del paese, le autorità hanno adottato tutti i mezzi a loro disposizione per convincere la popolazione ad andare a votare. Nelle settimane precedenti al voto è stata imbastita un'importante campagna mediatica che ha coinvolto 200 canali televisivi dedicati esclusivamente alle elezioni e che ha visto lo stesso Khamenei invitare più volte i cittadini a recarsi alle urne[2]. Alla luce dei risultati emersi dai seggi, la strategia sembra aver avuto un parziale successo. Il tasso di partecipazione è stato del 41% degli aventi diritto, un calo contenuto rispetto alle elezioni precedenti (2020) in cui fu del 42,6% ma di fatto la percentuale più bassa nella storia della Repubblica islamica[3].

Restano tuttavia dubbi sulla veridicità del dato ufficiale. Il primo marzo, infatti, la chiusura dei seggi è stata più volte posticipata e, anche se non costituisce una pratica nuova per l'Iran, la decisione sembra sia stata dettata proprio dalla volontà di portare più gente possibile alle urne per alzare l'affluenza. A pochi minuti dalla chiusura iniziale dei seggi fonti non ufficiali rivelavano che la partecipazione si aggirasse attorno al 35%[4]. A fine giornata le province con l'affluenza più alta (compresa tra il 55 e il 64%) sono state quelle meno popolate e meno sviluppate come il Kohgiluyeh e Buyer Ahmad, Khorasan meridionale, Hormozgan e Khorasan settentrionale. Al contrario, le province densamente popolate come quelle di Teheran, Isfahan, dell'Azerbaigian orientale e del Khuzestan hanno riportato tassi di partecipazione che vanno dal 34 al 43%[5]. In quello che si è rivelato il peggior risultato di affluenza dal 1980 a oggi, un altro dato interessante è quello delle schede bianche o nulle. Un escamotage che sembra essere stato adottato da molti cittadini per esprimere il proprio dissenso pur partecipando al voto. Il "partito delle schede bianche" secondo quanto comunicato dalle autorità avrebbe ottenuto nella città di Teheran circa 287.000 voti, un dato pari al 15% del totale delle schede scrutinate[6]. Questo ha consentito l'assegnazione al primo turno solamente di 14 dei 30 seggi disponibili per la capitale[7] rendendo necessario un secondo turno per attribuire i restanti 16 seggi. A Teheran colui che ha ottenuto più voti al primo turno è stato il religioso Mamhud Nabavian, che ha vinto con solo 597.000 voti[8] e l'8% degli aventi diritto[9]. Si tratta di 667.000 voti in meno rispetto a quelli ottenuti dal primo eletto nella tornata precedente e addirittura di 40.000 in meno di quelli del trentesimo eletto nel 2020[10]. A livello nazionale su 290 seggi ancora 45 devono essere assegnati attraverso un secondo turno[11]. Ciò che di rilevante emerge da questa elezione è il risultato dell'attuale presidente del parlamento Mohammad Bagher Ghalibaf che, candidato nella capitale, si è classificato solo quarto. Questo deludente risultato rischia di far deragliare la sua conferma a presidente del parlamento, con la possibilità di dettare ancora l'agenda dei lavori parlamentari per riuscire a ostacolare o supportare il governo.

Sebbene Khamenei sia riuscito a "limitare i danni", la tornata di marzo ha messo ancora una volta in evidenza la forte crisi in cui versa la Repubblica islamica, ormai da anni "ideologicamente fallita, in un vicolo cieco politico e incapace di affrontare i suoi strutturali problemi economici e sociali"[12]. La continua repressione del dissenso - nel solo 2023 sarebbero state giustiziate almeno 834 persone, un incremento del 43% rispetto all'anno precedente e il più alto numero di condanne dal 2015[13] - e l'incapacità di garantire la sicurezza della popolazione iraniana sono un esempio di come l'Iran stia vivendo una lunga fase di crisi a livello politico, sociale, economico e di sicurezza. A conferma di questa crisi sistemica vi sono i risultati di uno studio commissionato a fine anno dal ministero della Cultura e dal dicastero degli Interni che non sarebbe stato diffuso dalle autorità per i risultati allarmanti che ne emergevano. Il sondaggio, infatti, ha rivelato come il 72,9% degli intervistati sia favorevole alla separazione di politica e religione, un dato in forte aumento rispetto al 30,3% di otto anni prima[14].

Il paese deve affrontare inoltre le conseguenze di una cattiva gestione della situazione economica. Una sfida che l'Iran non è stato ancora in grado di vincere come sottolineato nel discorso di Nowruz (il Capodanno persiano) dal rahbar[15]. Il rial negli ultimi mesi si è ulteriormente svalutato arrivando a essere scambiato a inizio marzo a 603.000 rial per un dollaro[16]. La prevista svalutazione del 20% della moneta nei prossimi dodici mesi dovrebbe portare le autorità ad adottare politiche volte a ridurre al minimo l'utilizzo della tariffa agevolata e a introdurre meccanismi di sussidio per compensare le classi di reddito più basse[17]. Resta elevata la corruzione all'interno del paese con casi di appropriazione indebita delle risorse statali in cui sono coinvolti anche i vertici del clero iraniano[18]. Secondo il rapporto annuale di Transparency International, l'Iran si posiziona al 149º posto su 180 tra i paesi meno corrotti al mondo e vede diminuire la propria valutazione di un punto rispetto all'anno precedente[19]. Migliora invece il quadro inflazionistico, con un calo dell'inflazione media annua che dovrebbe passare dal 44,4% del 2023 al 35% nel 2024[20].

Dopo l'attacco terroristico di Kerman del 3 gennaio, il più grave nella storia della Repubblica islamica, le autorità hanno prontamente arrestato 35 persone per il loro presunto coinvolgimento[21]. Tuttavia, le condizioni di sicurezza restano sempre difficili. Nella regione periferica del Sistan e Baluchistan un problema costante, oltre alle infiltrazioni di gruppi terroristici come Jaish ul-Adl, rimane quello della sicurezza ambientale. A fine febbraio la provincia è stata colpita da una forte alluvione che ha causato danni per oltre 40 milioni di dollari e impattato su oltre 1.900 paesi[22]. Questo ennesimo caso di dissesto idrogeologico ha posto nuovamente l'enfasi sulla necessità di trovare una soluzione a fenomeni atmosferici violenti dovuti al cambiamento climatico. Nelle scorse settimane vi è poi stato un sabotaggio lungo la principale rete di gasdotti che dal sud dell'Iran trasportano gas verso le province del nord. Il doppio sabotaggio, che nelle parole del ministro del Petrolio Javad Owji sarebbe avvenuto per mano di Israele[23], è stato condotto in prossimità delle città di Borujen nella provincia centrale di Chaharmahal-Bakhtiari e di Khorrambid nella provincia meridionale di Fars ma non avrebbe - sempre secondo le autorità iraniane - causato interruzioni alla fornitura di gas delle aree settentrionali[24]. Nonostante le dichiarazioni, il rischio che questi attacchi potessero impattare negativamente sull'approvvigionamento energetico del paese è sembrato essere reale. L'Iran, infatti, nonostante rappresenti il secondo paese per riserve di gas naturale al mondo, potrebbe rischiare di diventare un importatore netto[25] a causa degli scarsi investimenti nel settore energetico, dovuti a loro volta alle sanzioni occidentali. La Repubblica islamica oggi ha un consumo pro capite di gas tra i più alti al mondo ed è in grado di esportare solo una piccola percentuale della sua produzione. Questo consumo aumenta considerevolmente durante i mesi invernali ma il problema dell'approvvigionamento si sta estendendo anche al restante periodo dell'anno[26].

Relazioni esterne

L'inizio del nuovo anno per la Repubblica islamica è stato caratterizzato da una rinnovata assertività regionale. Nei primi giorni di gennaio l'Iran aveva infatti risposto al più grave attentato subito all'interno dei suoi confini nazionali colpendo postazioni dello Stato islamico (IS) in Siria, una presunta base del Mossad in Iraq e postazioni del gruppo separatista baluci Jaish ul-Adl in Pakistan. Quest'ultima operazione, e la successiva risposta pachistana, avevano fatto temere una possibile escalation tra le due Repubbliche islamiche, paesi alleati e con molteplici interessi economici e di sicurezza in comune[27]. La crisi, tuttavia, è rientrata dopo pochi giorni e a fine gennaio, in seguito al reintegro dei rispettivi ambasciatori, i due ministri degli Esteri si sono incontrati a Islamabad per rafforzare le relazioni bilaterali e garantire la sicurezza lungo le province frontaliere[28]. L'importanza della cooperazione tra Teheran e Islamabad è emersa ulteriormente quando, a fine febbraio, i due paesi si sono accordati nel rilanciare la costruzione di un gasdotto che dal confine iraniano dovrebbe proseguire per circa 80 chilometri all'interno del territorio pachistano e arrivare alla città portuale di Gwadar. La costruzione di questo gasdotto permetterebbe di completare un progetto ben più ambizioso che dalla zona energetica economica speciale di Pars arriverebbe a Iranshahr, attraversando le province di Bushehr, Fars, Kerman, Hormozgan e del Sistan e Baluchistan al confine tra Pakistan e Iran per una lunghezza di oltre 1.000 chilometri. Dal confine il gasdotto dovrebbe poi proseguire per altri 800 chilometri attraverso le province pachistane del Belucistan e del Sindh[29]. Questo progetto continua a essere ostacolato dagli Stati Uniti che minacciano di imporre nuove sanzioni[30]. Le province frontaliere restano particolarmente instabili e soggette a episodi di violenza rendendo eventuali progetti infrastrutturali possibili bersagli di azioni terroristiche. Resta inoltre precaria la sicurezza della popolazione che abita o lavora in queste zone. Ne è un esempio quanto avvenuto a fine gennaio a Saravan nel Sistan e Baluchistan dove sono stati uccisi nove pachistani[31].

Se col Pakistan a una potenziale escalation è seguita una rapida fase di de-escalation, diverso è il caso del quadrante mediorientale con la Repubblica islamica che ha continuato a negare il proprio coinvolgimento nell'attuale crisi regionale temendo di essere trascinata nel conflitto[32], almeno fino al raid al consolato di Damasco del primo aprile. Sebbene l'Iran non manchi di sostenere i propri alleati regionali, ad esempio attraverso la fornitura di missili e droni agli houthi[33], non ha ancora avuto un ruolo attivo all'interno dei vari contesti di crisi emersi dopo il 7 ottobre. Il desiderio di "chiamarsi fuori" da un potenziale impegno militare è divenuto ancor più evidente in seguito alla morte di cinque leader del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (Irgc) avvenuta a causa di raid israeliani in Siria a fine gennaio. In questo caso, infatti, Teheran minacciò ritorsioni senza però rispondere militarmente agli attacchi[34]. Per lo stesso motivo, nei giorni successivi alla morte di tre soldati statunitensi al confine tra Giordania e Siria, l'Iran ha immediatamente negato il proprio coinvolgimento nell'attacco della milizia irachena Kata'ib Hezbollah e deciso di ritirare i propri comandanti dalla Siria[35]. Oltre a ciò, attraverso una visita in Iraq del comandante della Forza Quds Esmail Qaani, l'Irgc ha chiesto alle milizie di fermare gli attacchi alle basi militari statunitensi[36]. Se su questo versante la mediazione iraniana è riuscita a interrompere gli attacchi, diverso è il caso della crisi nel Mar Rosso dove gli houthi hanno continuato a minacciare le navi commerciali in transito da Bab el-Mandeb nonostante il dispiegamento di molteplici missioni internazionali. Né i dialoghi segreti e indiretti di inizio gennaio tra Stati Uniti e Iran, che si sarebbero tenuti in Oman con l'obiettivo di fare pressione sugli houthi, né i tentativi cinesi volti a convincere l'Iran a mediare per la fine degli attacchi hanno avuto risultati concreti[37], a riprova di come Teheran abbia limitate capacità di condizionamento sul gruppo yemenita.

Il raid israeliano contro il consolato iraniano a Damasco, avvenuto il primo aprile, potrebbe tuttavia aver segnato la fine di questo approccio volto alla de-escalation. Infatti, l'attacco che ha portato alla morte di almeno 16 persone, di cui otto iraniani - tra cui due comandanti di alto livello dell'Irgc - e un membro di Hezbollah, è stato seguito dalla risposta iraniana. Nella notte tra il 13 e il 14 aprile Teheran ha lanciato centinaia di droni e missili verso il territorio israeliano e, sebbene l'attacco sia stato contenuto rispetto alle capacità che la Repubblica islamica avrebbe potuto dispiegare e sia stato quasi completamente neutralizzato, ha lasciato aperta la possibilità di una ritorsione israeliana. Le tensioni tra i due paesi hanno già contribuito a innalzare il livello di tensione regionale e gli scenari che si aprono da questa crisi restano inediti per la regione. Tuttavia, anche in questa fase sia Teheran sia Washington hanno ancora una volta dimostrato di non voler un allargamento del conflitto. Gli Usa infatti si sono prontamente dissociati da quanto avvenuto a Damasco negando di essere stati messi a conoscenza dei piani di Israele e successivamente hanno chiesto all'alleato mediorientale di non rispondere all'attacco iraniano.

Negli scorsi mesi Washington aveva cercato di creare un canale di dialogo con Teheran. Sembra infatti che gli Stati Uniti avessero avvisato le autorità iraniane della minaccia terroristica poi verificatasi a Kerman[38] e che nel corso dei colloqui tenuti in Oman avessero discusso anche del futuro del programma nucleare iraniano. Tuttavia, Washington continua ad accusare l'Iran di supportare l'escalation nel Mar Rosso[39] e persiste nel colpire le basi degli houthi in Yemen. Le operazioni statunitensi però non sembrano aver ottenuto il supporto logistico degli Emirati Arabi Uniti (Eau) e probabilmente nemmeno dell'Arabia Saudita[40]. La decisione di Abu Dhabi di non permettere alle forze armate statunitensi di attaccare i proxies iraniani attraverso le basi in territorio emiratino sarebbe dettata, secondo funzionari americani, dalla volontà di apparire non troppo ostili nei confronti dell'Iran o troppo vicini all'Occidente e a Israele[41]. Le stesse considerazioni sembrerebbero essere state fatte anche da Riyadh, che nel corso degli ultimi mesi ha rafforzato la cooperazione militare con Teheran. A metà febbraio, a poco meno di un anno dal ripristino delle relazioni bilaterali, l'ambasciatore saudita ha incontrato il ministro della Difesa iraniano per discutere della necessità di rafforzare la cooperazione in materia di difesa[42].

Sul piano economico, la Cina continua a essere il principale partner dell'Iran, anche se persiste lo stallo sulle esportazioni del petrolio iraniano verso la Repubblica popolare. Le raffinerie indipendenti cinesi continuano infatti ad acquistare bassi volumi di petrolio poiché lo sconto sul prezzo attuato dalla Repubblica islamica non risulta più essere vantaggioso[43]. A febbraio le importazioni cinesi dall'Iran avevano raggiunto la quota più bassa degli ultimi undici mesi[44]. Pechino resta tuttavia un partner essenziale per Teheran; a dimostrazione di ciò, a metà marzo, i due paesi hanno iniziato un'esercitazione militare navale nel golfo dell'Oman assieme alla Russia[45]. Proprio con Mosca si è ulteriormente rafforzata la cooperazione in ambito militare: Teheran avrebbe fornito all'alleato circa 400 missili balistici superficie-superficie a corto raggio. Si tratterebbe di missili della famiglia Fateh-110, come lo Zolfaghar, in grado di colpire obiettivi a una distanza compresa tra i 300 e i 700 chilometri[46]. La diplomazia delle armi dell'Iran ha portato, secondo il ministero della Difesa, a un aumento del 40% delle vendite nel corso dell'ultimo anno[47]. Uno sviluppo dell'industria bellica che sarebbe avvenuto con crescenti esportazioni "sia in quantità sia in qualità"[48].

Nel corso degli ultimi mesi si è accresciuto ulteriormente l'interesse iraniano verso il continente africano. Tra i teatri in cui l'Iran sta cercando di inserirsi vi è quello saheliano dove Burkina Faso, Mali e Niger stanno riconfigurando le proprie alleanze internazionali. Dopo i colpi di stato avvenuti tra il 2021 e il 2023 la Repubblica islamica ha cercato di incrementare la propria presenza nella regione attraverso l'utilizzo del soft power. In Mali, ad esempio, il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) ha annunciato a inizio gennaio l'apertura entro la fine dell'anno di due facoltà dell'Università di Teheran[49]. Già lo scorso ottobre i leader della giunta e l'ambasciatore iraniano a Bamako si erano incontrati e accordati per rafforzare la cooperazione militare tra i due paesi[50]. Un mese prima era stata anche riaperta l'ambasciata iraniana in Burkina Faso dopo oltre vent'anni[51]. A fine gennaio invece il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha ricevuto a Teheran il primo ministro del Niger con cui ha siglato accordi di cooperazione politica, economica e sanitaria[52]. La potenziale cooperazione militare tra i due paesi desta preoccupazione presso le cancellerie occidentali poiché il paese africano rappresenta uno dei maggiori produttori di uranio a livello mondiale[53].

L'interesse iraniano verso l'Africa, tuttavia, non si limita solo al Sahel. Teheran a ottobre ha riallacciato rapporti anche con le Forze armate sudanesi (Saf) che stanno combattendo un sanguinoso conflitto civile con le Forze di supporto rapido (Rsf). A inizio febbraio il ministro degli Esteri iraniano ha ospitato l'omologo sudanese a Teheran per discutere della riapertura delle reciproche ambasciate[54]. L'importanza di questa alleanza per l'Iran è stata riconfermata attraverso la fornitura di armi e droni dalla Repubblica islamica alle Saf avvenuta negli ultimi mesi[55]. Questo rinnovato interesse verso l'Africa ha portato il presidente Raisi a recarsi a inizio marzo in visita in Algeria, un alleato storico della Repubblica islamica, dopo 14 anni dall'ultima visita di un presidente iraniano. Con Algeri sono stati firmati sei accordi di cooperazione nei settori energetico, scientifico e tecnologico, turistico e dello sport e nell'ambito delle comunicazioni[56]. La politica iraniana verso l'Africa si inserisce in un contesto di potenziale competizione con altri attori regionali, tra cui la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti e l'Arabia Saudita, e la possibilità che le regioni africane diventino nuovo terreno di frizione e scontro tra le potenze del Mediterraneo allargato è dunque tutt'altro che remota.

[1] "Hardliners In Iran Bar Ex-President Rouhani from Elections", Iran International, 24 gennaio 2024.

[2] "Iran officials scramble to reverse voter apathy ahead of key elections", Al-Monitor, 10 febbraio 2024; P. Hafezi, "Iran election: ruler Khamenei seeks big turnout amid discontent", Reuters, 1 marzo 2024.

[3] "Low turnout as conservatives dominate Iran parliamentary election", Al Jazeera, 4 marzo 2024.

[4] F Sadeghi (@fresh_sadegh, X), "We have less than 30 minutes to the end of the voting hours (which are likely to be extended), and the overall voter turnout is 35%, with participation reaching 20% in Tehran.", 1 marzo 2024.

[5] M. Boroujerdi, "Iran's Faustian 2024 Elections: Statistics Tell the Story", Stimson Center, 4 marzo 2024.

[6] "Osservatori, 'in Iran ha votato solo il 35%, il 15% a Teheran'", Ansa, 3 marzo 2024.

[7] Secondo una legge iraniana un candidato per essere eletto deve aver ottenuto almeno il 20% dei voti espressi nella circoscrizione.

[8] Boroujerdi (2024).

[9]Ibidem.

[10] Iran International (@IranIntl_En, X), "Out of the 30 seats available, only 14 were booked by candidates who secured the sufficient number of votes (21% of the "valid" votes). A run-off election will be held later to decide the remaining 16 seats", 4 marzo 2024.

[11] G. Nada, "Election Results: Hardliners Gain, Turnout Low", United States Institute for Peace, The Iran Primer, 5 marzo 2024.

[12] A. Vaez, "The Long Twilight of the Islamic Republic", Foreign Affairs, 2 febbraio 2023.

[13] "L'Iran a exécuté au moins 834 personnes en 2023, chiffre sans précédent depuis 2015", L'Orient-Le Jour, 5 marzo 2024.

[14] A. Vaez (@AliVaez, X), "In October-November last year, the ministries of culture and interior oversaw a nationwide survey of ~16,000 Iranians.", 23 febbraio 2024.

[15] S. Azimi, "Iran's Supreme Leader Blames His 'Favorite' President for Economic Woes", Stimson Center, 21 marzo 2024.

[16] E. Baghishov, "Iranian national currency hits historic lows versus US dollar and euro", Trend News Agency, 5 marzo 2024.

[17] B. Khajehpour, "Will the value of the Iranian Rial collapse?", Al-Monitor, 25 febbraio 2024.

[18] M. Sinaiee, "Further Corruption Accusations Against Top Cleric Spark Anger In Iran", Iran International, 20 marzo 2024.

[19] Dati consultabili su Transparency International - Corruption perceptions index.

[20] Economist Intelligence Unit, One-click report : Iran.

[21] "Iran Says it Arrested 35 People in Relation to Kerman Attacks", Asharq al-Awsat, 11 gennaio 2024.

[22] A. Lucente, "Floods devastate Iran's Baluchistan as losses exceed $40 million", Al-Monitor, 4 marzo 2024.

[23] "Iran says Israel is responsible for 'plot' against gas pipelines - Tasnim", Reuters, 21 febbraio 2024.

[24] "Iran's main gas pipeline hit by sabotage, oil minister says", Reuters, 14 febbraio 2024.

[25] "Explosions highlight vulnerabilities in Iran's energy sector", Amwaj.com, 20 febbraio 2024.

[26]Ibidem.

[27] S. Nawaz, "Iran-Pakistan: A Crisis Averted But Not Resolved", ISPI Commentary, 27 febbraio 2024.

[28]Ibidem.

[29] S. Siddiqui, "Iran-Pakistan gas pipeline gets a reset, can it overcome sanctions?", Al-Monitor, 24 febbraio 2024.

[30] "US Opposes Iran-Pakistan Gas Pipeline Project", Iran International, 22 marzo 2024.

[31] "Gunmen kill nine Pakistani nationals in southeastern Iran", Al Jazeera, 27 gennaio 2024.

[32] N. Bajoghli e V. Nasr, "How the War in Gaza Revived the Axis of Resistance", Foreign Affairs, 17 gennaio 2024.

[33] Defense Intelligence Agency, "DIA report confirms the Huthis' use of Iranian missiles and unmanned aerial vehicles to conduct attacks across the Middle East", DIA Public Affairs, 6 febbraio 2024.

[34] "Iran's IRGC says 5 members killed in Israeli attack on Syria's Damascus", Al Jazeera, 20 gennaio 2024.

[35] "Iran says it has no link to drone strike in Jordan that killed US soldiers", Reuters, 29 gennaio 2024; "Exclusive: Iran's Guards pull officers from Syria after Israeli strikes", Reuters, 1 febbraio 2024.

[36] A. Rasheed, P. Hafezi e T. Azhari, "Iraqi armed groups dial down U.S. attacks on request of Iran commander", Reuters, 18 febbraio 2024.

[37] F. Schwartz e A. England, "US held secret talks with Iran over Red Sea attacks", Financial Times, 13 marzo 2024; P. Hafezi e A. Hayley, "Exclusive: China presses Iran to rein in Houthi attacks in Red Sea, sources say", Reuters, 26 gennaio 2023.

[38] S. Lewis e A. Mohammed, "US warned Iran of 'terrorist threat' before Jan. 3 attack -official", Reuters, 25 gennaio 2024.

[39] F. Schwartz e A. England, "US held secret talks with Iran over Red Sea attacks", cit.

[40] L. Seligman, A. Ward e N. Toosi, "UAE restricts US ability to launch retaliatory airstrikes against Iran proxies", Politico, 14 febbraio 2024.

[41]Ibidem.

[42] A. Divsallar (@Divsallar, X), "THREAD- Saudi-Iranian normalization is advancing much deeper than many anticipated.", 15 febbraio 2024.

[43] M. Xu, "China teapots slow Iran oil buying for a second month -traders", Reuters, 30 gennaio 2024.

[44] S. Cho, "China's Oil Imports From Iran Tumble to 11-Month Low, Kpler Says", Bloomberg, 14 febbraio 2024.

[45] "Iran, Russia, China conduct new military drills, defying Western pressure", Al-Monitor, 12 marzo 2024.

[46] P. Hafezi, J. Irish, T. Balmforth e J. Landay, "Exclusive: Iran sends Russia hundreds of ballistic missiles", Reuters, 21 febbraio 2024.

[47] "Iran says arms exports up 40% as missiles transfers to Russia take spotlight", Al-Monitor, 21 febbraio 2024.

[48]Ibidem.

[49] M. Le Cam, "Au Sahel, l'Iran en pleine offensive diplomatique", Le Monde, 9 gennaio 2024.

[50]Ibidem.

[51]Ibidem.

[52] A. Lucente, "How significant is Niger's PM visit to Iran post-coup and amid Africa push?", Al-Monitor, 25 gennaio 2024.

[53]Ibidem.

[54] B. Farhat, "Sudan foreign minister visits Tehran amid reports Iran provided drones", Al-Monitor, 5 febbraio 2024.

[55] S. Marks, "Iranian Drones Become Latest Proxy Tool in Sudan's Civil War", Bloomberg, 24 gennaio 2024.

[56] A. Lucente, "Iran, Algeria to build closer energy, tourism ties", Al-Monitor, 4 marzo 2024.