09/18/2024 | Press release | Distributed by Public on 09/18/2024 13:08
L'alleanza tra Europa e Stati Uniti è stata il cardine su cui ha ruotato l'ordine internazionale dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. L'integrazione tra le due sponde dell'Atlantico non ha eguali in termini di commercio di beni e servizi e di investimenti. La NATO ha appena celebrato il suo 75° compleanno, sopravvivendo alla fine della Guerra fredda e trovando nuova linfa nel sostegno all'Ucraina dopo l'invasione russa. La Federal Reserve e la Banca centrale europea mantengono ottimi canali di comunicazione in quanto pilastri dell'attuale architettura finanziaria mondiale. Una relazione, quella tra le due sponde dell'Atlantico, costellata di momenti di intesa vincente ma anche di accese dispute. Restano celebri le esternazioni del presidente francese Charles de Gaulle contro NATO e dollaro o il lunghissimo contenzioso Boeing-Airbus, durato 17 anni. La sensazione, però, è che mai prima d'ora la partnership tra Stati Uniti ed Europa si sia trovata ad un bivio così cruciale: le elezioni presidenziali previste negli USA a novembre porranno, a seconda del loro esito, il Vecchio Continente davanti a due scenari distinti. Se la prospettiva di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca lascia presagire un nuovo deterioramento delle relazioni transatlantiche, è pur vero che in campagna elettorale né Harris né Trump hanno dato finora troppo peso al dialogo con i partner europei. Per capire quale futuro attende le relazioni tra i due continenti abbiamo individuato tre temi al centro del dibattito tra i due candidati alla Casa Bianca di particolare interesse per l'Europa.
Da una parte, Donald Trump punta a riaccendere le tensioni commerciali con Bruxelles e i Ventisette. L'ex presidente ha proposto una politica tariffaria ancora più aggressiva rispetto a quella messa in atto nel suo primo mandato, con dazi fissi del 10% o 20% su tutte le merci provenienti dal resto del mondo eccezion fatta per il 60% da imporre alla Cina. Il tycoon ha persino minacciato dazi del 100% sulle importazioni dai Paesi che stanno riducendo l'uso del dollaro. Per Trump, il deficit nell'interscambio tra le due sponde dell'Atlantico, che l'anno scorso ha superato i 150 miliardi di euro (Grafico 2), è sempre stato motivo di scontro con i Ventisette, Germania in testa, accusati di non comprare abbastanza Made in USA. Non sorprende che questa volta Bruxelles si dica pronta a sfoderare sia la carota che il bastone con più determinazione. Tuttavia, secondo le stime di Goldman Sachs, in caso irrigidimento nelle relazioni con Washington, l'Eurozona subirebbe una riduzione di circa un punto percentuale del proprio PIL. Non proprio il massimo, considerando la crescita debole che affligge il Vecchio Continente.
Dall'altra parte, Kamala Harris non sta calcando la mano sul commercio in campagna elettorale, il che porta alla conclusione che possa continuare nel solco dell'amministrazione Biden: no a dazi a tappeto contro gli alleati, sì alla difesa dei lavoratori americani e della sicurezza nazionale ed economica. Tradotto: il dialogo transatlantico in ambito commerciale andrà avanti, ma non rimarrà privo di frizioni, soprattuttoa causa dei rispettivi piani di riduzione delle dipendenze strategiche e near-shoring. D'altronde, durante il mandato di Biden non si sono risolte del tutto dispute come quella relativa all'export UE di acciaio e alluminio e ne sono emerse di nuove come la natura "protezionistica" dell'Inflation Reduction Act.
Le ricette economiche eccessivamente dispendiose, proposte sia in campo repubblicano che democratico, pongono ombre sulla traiettoria del debito pubblico americano, sull'andamento dell'inflazione e del dollaro e sulla conduzione della politica monetaria da parte della Federal Reserve nei prossimi anni.
Fin dalla sua nascita, la BCE ha sempre cercato di seguire le orme della "sorella maggiore", eccezion fatta per la parentesi tra il 2015 e il 2018, quando Mario Draghi lanciò il maxi-piano di quantitative easing e la FED attuò i primi rialzi post-crisi finanziaria globale (Grafico 3). È proprio Trump il candidato che desta maggiore preoccupazione a Francoforte: le potenziali pressioni del tycoon sul presidente Jerome Powell, come già successe nel 2018-19, rischiano di aprire un ciclo monetario imprevedibile a Washington con potenziali effetti sui mercati finanziari globali e sul cambio euro/dollaro. La guerra valutaria è per ora solo uno spettro.
L'approccio della prossima Amministrazione USA nei confronti dei partner NATO e dell'Ucraina sarà cruciale: le posizioni dei due candidati alla Casa Bianca sono agli antipodi. Trump intende porre fine immediatamente agli aiuti militari e finanziari a Kiev, pur ritenendo che le condizioni poste da Putin siano inaccettabili. Non solo. In un comizio di inizio febbraio, Trump si è detto pronto a "incoraggiare" Stati come la Russia a "fare quel diavolo che vogliono" dei Paesi della NATO che non rispettano i loro impegni finanziari, mettendo in dubbio la garanzia di sicurezza collettiva dell'Articolo 5 e rilanciando la sua campagna contro gli Alleati (meno rispetto al passato) riluttanti ad aumentare il loro contributo alla difesa al 2% del PIL. Dal canto suo, Harris punta a dare continuità alla linea incrementale di Biden, che ha saputo conciliare la sicurezza di Kiev con la necessità di evitare un confronto diretto tra NATO e Russia. Con lei, il sostegno all'Ucraina, almeno nel breve periodo, non sarebbe in discussione.
Sul dossier Ucraina, inoltre, non vanno ignorati i futuri equilibri al Congresso, che hanno causato ritardi nel flusso di aiuti a cavallo tra il 2023 e il 2024. Mentre, se gli USA daranno priorità alla cooperazione con i partner asiatici e alla competizione contro la Cina, per l'Europa sarà la fine di un paradigma. Sobbarcarsi il peso degli aiuti militari all'Ucraina e aumentare le spese nazionali relative alla difesa con debiti pubblici elevati e numerose priorità di investimento non sarebbero operazioni né immediate né indolori.
Le elezioni americane avranno profonde conseguenze sulle relazioni tra Europa e Stati Uniti. Una vittoria di Trump potrebbe riaccendere tensioni commerciali e valutarie, con dazi aggressivi e un taglio degli aiuti all'Ucraina, lasciando l'Europa a gestire da sola il sostegno a Kiev. Dall'altra parte, un'Amministrazione Harris offrirebbe maggiore stabilità, con continuità negli aiuti all'Ucraina e un dialogo transatlantico meno conflittuale, pur con un crescente focus sull'Asia.
Se la scelta del popolo americano non è dunque di poco conto per l'UE, occorre però ricordare che le elezioni rappresentano solo un evento in un contesto più ampio in rapida trasformazione. Per esempio, la comune strategia occidentale di de-risking dalla Cina rende ancora più importante la partnership commerciale tra UE e USA, mentre il revisionismo russo ha rilanciato la NATO e risvegliato i membri europei, spingendoli a puntellare i budget della difesa dopo anni di immobilismo. È chiaro che, chiunque sarà l'inquilino della Casa Bianca a partire dal prossimo anno, l'Europa dovrà rafforzare la sua indipendenza strategica, sia in ambito militare che tecnologico, per affrontare un mondo sempre più frammentato e mantenere competitività a livello globale.