ISPI - Istituto per gli Studi di Politica Internazionale

04/18/2024 | Press release | Distributed by Public on 04/18/2024 04:44

Iraq: al centro dell’instabilità mediorientale

Il primo trimestre del 2024 ha visto l'Iraq alle prese con questioni aperte, tanto economiche quanto politiche, tra il governo federale iracheno (Goi) e il governo regionale del Kurdistan (Krg), questioni che riflettono e al contempo esacerbano le spaccature interne allo stesso fronte curdo. A prevalere sul piano delle relazioni con gli attori esterni è ancora una volta la sicurezza, che tende ad assumere un ruolo preponderante anche a livello interno quando le tensioni con gli attori regionali e internazionali si manifestano sul territorio nazionale. Mentre proseguono gli attacchi iraniani e turchi nel Kurdistan iracheno (Kri), l'escalation tra forze statunitensi e milizie filo-iraniane, scatenatasi a fine 2023 quale estensione regionale della guerra a Gaza e proseguita nelle prime settimane del nuovo anno, ha rafforzato il dibattito sull'uscita della coalizione internazionale a guida Usa dall'Iraq e sul futuro delle relazioni bilaterali tra Baghdad e Washington.

Quadro interno

Nel corso del mese di febbraio, alcune decisioni della Corte suprema irachena hanno riportato ancora una volta l'attenzione sui complessi e delicati rapporti tra il governo federale iracheno con sede a Baghdad e il Krg con sede a Erbil. Tra queste, la prima decisione della Corte ha riguardato la divisione e la gestione delle risorse economiche tra Baghdad ed Erbil - questione da decenni oggetto di contesa in Iraq, come emerso all'indomani della promulgazione della legge di bilancio triennale dello scorso giugno, e resa ancora più rilevante data la mancanza di liquidità in cui versa il Krg ormai da un anno a questa parte a causa dell'interruzione delle esportazioni di petrolio dal Kri verso la Turchia lungo l'oleodotto Kirkuk-Ceyhan.

Il blocco dei flussi petroliferi, interrotti dalla Turchia all'indomani di una decisione della Camera di commercio internazionale che ha richiesto ad Ankara il pagamento di 1,4 miliardi di dollari a favore di Baghdad per avere importato sin dal 2014 greggio dal Kri bypassando il governo federale e la compagnia petrolifera nazionale irachena[1], avrebbe causato perdite tra gli 11 e i 12 miliardi di dollari nel corso degli ultimi dodici mesi, secondo l'Associazione dell'industria petrolifera del Kurdistan (Apikur)[2]. Sebbene si siano tenuti negli ultimi mesi colloqui tra rappresentanti del Goi, del Krg e delle compagnie petrolifere internazionali precedentemente coinvolte in contratti con quest'ultimo, a livello iracheno, un accordo su una diversa gestione dei flussi tra Baghdad ed Erbil, propedeutico alla riapertura dell'oleodotto, sembra ancora piuttosto lontano[3].

È in questo più ampio quadro che la Corte suprema irachena ha decretato che il Krg consegni tutte le sue entrate - petrolifere e non - al governo federale, che in prospettiva dovrebbe dunque assumere ancora più controllo sulla gestione delle finanze del Krg rispetto a quanto già stabilito dalla legge di bilancio dello scorso giugno. Secondo quest'ultima, Erbil avrebbe dovuto consegnare a Baghdad 400.000 barili di petrolio al giorno e metà dei propri proventi non petroliferi al fine di ricevere la propria quota di budget federale, pari al 12,6% del totale nazionale[4]. È proprio all'interno di questa quota che, sempre secondo quanto deciso dalla Corte suprema a febbraio, Baghdad dovrebbe detrarre le risorse necessarie al pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici facenti capo a Erbil, reso particolarmente difficile negli ultimi dodici mesi proprio a causa delle interruzioni delle esportazioni di greggio verso la Turchia[5].

Al contempo, la Corte suprema irachena ha preso anche una decisione prettamente politica, definendo come incostituzionale la presenza di undici seggi riservati alle minoranze etnico-religiose in seno al parlamento del Krg, e decretando dunque che la nuova legislatura debba comporsi di 100 seggi parlamentari anziché 111 come quella attuale[6]. Il verdetto della Corte è giunto al termine di una causa intentata da due membri dell'Unione patriottica del Kurdistan (Puk), decisi a richiedere una riforma di questi seggi sostenendo che essi fossero sotto il controllo de facto del Partito democratico del Kurdistan (Kdp), partito maggioritario nonché principale rivale del Puk nel panorama politico curdo-iracheno.

La decisione è stata condannata duramente dal Kdp, che a metà marzo ha annunciato che non parteciperà alle prossime consultazioni parlamentari del Krg che, dopo numerosi posticipi dovuti anche a disaccordi tra i due partiti rivali proprio in merito alla questione dei seggi riservati alle minoranze, dovrebbero tenersi a giugno 2024[7]. Una decisione che appare piuttosto drastica e che potrebbe rischiare di marginalizzare il partito guidato dai Barzani, considerando che sino a ora questa presa di posizione è stata sostenuta e condivisa solamente da piccoli partiti cristiani e turkmeni (esponenti delle minoranze precedentemente titolari dei seggi aboliti), mentre sia il Puk sia il New Generation Movement si sono schierati nettamente a favore delle elezioni[8].

Al di là dell'importanza specifica del loro contenuto, le due suddette decisioni della Corte suprema irachena fanno emergere anche alcune importanti dinamiche di potere a livello tanto del Kri quanto dell'intero Iraq: da un lato, la mancanza di unità nel fronte curdo, l'ormai conclamata frattura tra Kdp e Puk e il progressivo avvicinamento di quest'ultimo a Baghdad e alla sua leadership sciita filo-iraniana[9]; dall'altro, la tendenza di Baghdad a voler centralizzare il potere a discapito dell'autonomia del Krg, facendo leva anche sulle divergenze interne al fronte curdo. È in quest'ultima prospettiva che molti osservatori inquadrano le decisioni della Corte suprema, che rappresenterebbero così un nuovo capitolo di una più ampia tendenza dell'organo giudiziario a emettere decisioni a rafforzamento del governo federale[10].

La politicizzazione della più alta istituzione giudiziaria irachena è stato peraltro un argomento portato avanti a partire dallo scorso novembre anche da Mohamed al-Halbousi, la cui carica di presidente del parlamento è stata revocata proprio dalla Corte con l'accusa di frode e abuso di potere. A fine marzo, nonostante numerosi tentativi di nominare un suo sostituto, la posizione è ancora vacante in quanto nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta in parlamento (almeno 165 seggi su 329). La mancanza di un accordo riguarda innanzitutto lo stesso blocco sunnita, cui secondo la divisione irachena dei poteri su base etnico-settaria spetta questa carica, poiché i rappresentanti di Taqaddum, il partito di al-Halbousi, non vogliono rinunciare alla posizione in quanto forza sunnita con più seggi in parlamento[11]. Nel frattempo, la carica vacante è ricoperta dal vicepresidente del parlamento, che appartiene alla coalizione sciita al centro dell'attuale governo[12].

Dal punto di vista economico, è di febbraio l'annuncio del primo ministro Mohammed al-Sudani della riapertura della più grande raffineria del paese, situata a Beji e chiusa da un decennio a causa dei danni che aveva subito durante l'avanzata dello Stato islamico (IS) sul territorio iracheno. Secondo il premier, il ritorno in attività della raffineria dovrebbe permettere all'Iraq di soddisfare la domanda interna di carburante, raffinando il proprio petrolio e riducendo così le importazioni, di modo da liberare risorse finanziarie da investire in altri settori dell'economia[13]. La diversificazione delle entrate dell'economia nazionale rimane infatti prioritaria - come suggerito anche dal Fondo monetario internazionale (Fmi), che ha evidenziato per il 2023 una crescita del 6% dei settori non petroliferi dell'economia irachena[14]. È da leggersi in questa direzione, sempre secondo le dichiarazioni di al-Sudani, la riapertura di tre fabbriche per la produzione di ferro e fertilizzanti nella provincia meridionale di Bassora avvenuta a inizio marzo, nel quadro del più ampio obiettivo di trasformare l'area da hub del petrolio a vero e proprio centro industriale del paese[15].

Dal punto di vista finanziario, nel corso degli ultimi mesi sono continuate le misure volte a limitare il contrabbando di dollari dall'Iraq a paesi terzi, Iran in particolare, che proseguono sin dal 2022 nel quadro di una stretta collaborazione tra la US Federal Reserve e la Banca centrale irachena (Cbi). A febbraio l'Iraq ha vietato a otto banche di operare transazioni in valuta statunitense[16] - una misura che Baghdad, su richiesta americana, aveva già applicato a 14 banche a luglio 2023, sempre con l'obiettivo di impedire il riciclaggio di dollari verso il vicino Iran. D'altro canto, nel quadro della recente escalation tra Stati Uniti e milizie filo-iraniane, impedire un sostegno finanziario a Teheran attraverso Baghdad è diventato ancora più importante per Washington[17].

Infine, dal punto di vista securitario, la situazione in Iraq merita attenzione su diversi fronti: accanto agli effetti sulla stabilità interna del paese generati dagli attacchi di attori esterni sul territorio sovrano iracheno, rimane aperta anche la questione della potenziale minaccia ancora rappresentata da IS in territorio iracheno. Ne sono un esempio tanto gli arresti di alcuni suoi affiliati che si sono susseguiti in Iraq nel corso degli ultimi mesi[18], quanto i rimpatri dei cittadini iracheni detenuti nel campo profughi siriano di al-Hol, che ospita decine di migliaia di rifugiati, tra cui anche le famiglie di presunti militanti di IS. L'ultimo turno di rimpatri, avvenuto a marzo 2024, ha visto il ritorno in Iraq di oltre 600 persone, accompagnato sia da timori sui possibili rischi per la sicurezza sia dalla possibilità di tensioni sociali. Il rimpatrio di cittadini iracheni, che si teme possano avere legami anche indiretti con IS, incontra infatti opposizioni all'interno della popolazione irachena[19].

Relazioni esterne

Dal punto di vista delle relazioni con attori esterni, è proseguita nelle prime settimane del 2024 la situazione di fortissima tensione tra milizie irachene vicine all'Iran, che agiscono sotto l'ombrello della Resistenza islamica in Iraq (Iri)[20], e forze statunitensi sul suolo iracheno e non solo. Nel quadro delle conseguenze più ampie a livello regionale della guerra a Gaza, sono infatti continuati nel mese di gennaio e a inizio febbraio gli attacchi tra i due fronti, iniziati a ottobre 2023 da parte delle milizie irachene come rappresaglia per il sostegno americano a Israele, nonché come segnale di opposizione alla presenza di truppe statunitensi sul territorio iracheno. In questo quadro, una cosiddetta linea rossa per Washington è stata oltrepassata lo scorso 28 gennaio, quando un attacco in Giordania - rivendicato proprio dall'Iri - ha ucciso tre soldati statunitensi; a inizio febbraio gli Stati Uniti hanno risposto con oltre 80 attacchi mirati contro obiettivi filo-iraniani in Iraq, causando la morte di 16 persone tra cui alcuni civili[21], e in Siria[22].

I timori che questo scambio di attacchi potesse degenerare, però, al momento non si sono concretizzati: dal lato milizie irachene, l'attacco in Giordania di fine gennaio è stato seguito da una relativa de-escalation, concretizzatasi nell'assenza di nuovi attacchi significativi contro le forze americane. Questa pausa tattica, dietro la quale sembrerebbe esservi anche la visita di un comandante delle forze Quds iraniane ai comandanti delle milizie irachene riuniti a Baghdad, avrebbe lo scopo di evitare una più ampia instabilità nella regione, ma anche di creare le condizioni affinché i negoziati sul futuro delle forze statunitensi in Iraq possano continuare in situazione non emergenziale[23].

A tal proposito, è stato inaugurato a fine gennaio il mandato della Higher Military Commission (Hmc), gruppo di lavoro congiunto tra Usa, Iraq e altri partner della coalizione internazionale anti-Isis, che come stabilito lo scorso agosto nella cornice del US-Iraq Joint Security Cooperation Dialogue avrà l'obiettivo di valutare l'evoluzione della presenza della coalizione in Iraq dopo circa un decennio dal suo dispiegamento. Di fatto, quello che è stato ampiamente presentato come un dialogo sull'eventuale ritiro delle forze Usa dall'Iraq, sul quale si sono appunto accesi i riflettori nel quadro degli scontri degli ultimi mesi, fa invece parte di un processo già in atto tra le parti, finalizzato a riflettere sul futuro del contingente internazionale anti-Isis in Iraq e ad accompagnare la transizione delle relazioni tra Baghdad e Washington verso una cornice bilaterale, sulla base anche di una valutazione della situazione di sicurezza e delle capacità delle forze irachene[24].

I lavori della Hmc dovrebbero avere come scopo principale quello di valutare le attuali e future minacce di sicurezza legate a IS, non mancano però voci tra le forze sunnite, curde e sciite moderate che temono le conseguenze di una rimodulazione della presenza americana e internazionale sugli equilibri di potere intra-iracheni, in particolare a favore delle forze sciite più radicali e vicine all'Iran[25]. Al momento, comunque, non sono stati definiti (o per lo meno diffusi) maggiori dettagli né sulle concrete fasi successive del processo e su cosa comporterà per le future relazioni bilaterali tra Iraq e Usa e tra Iraq e altri attori internazionali, né sulla cornice temporale dello stesso - considerando anche le elezioni americane che si terranno a fine 2024[26].

Nel frattempo, quel che è certo è che gli incontri tra Washington e Baghdad si sono susseguiti con continuità negli scorsi mesi: alla conferenza di Monaco, al-Sudani ha incontrato la vicepresidente Kamala Harris e alcuni membri del Congresso[27], mentre a marzo il ministro degli Esteri iracheno Fuad al-Hussein si è recato a Washington per incontrare il segretario di Stato americano Antony Blinken[28], anche in preparazione della visita di al-Sudani alla Casa Bianca, fissata per metà aprile[29]. Nel quadro del sopracitato blocco dell'oleodotto Kirkuk-Ceyhan, i membri di Apikur vorrebbero puntare proprio su Biden affinché metta pressione al premier al-Sudani per prendere le misure necessarie alla ripresa dei flussi, e infatti negli ultimi mesi hanno incontrato diversi membri del Congresso per comunicare loro l'urgenza della questione[30].

La Conferenza sulla sicurezza di Monaco è stata anche l'occasione per al-Sudani di tenere numerosi incontri con leader e rappresentanti internazionali, durante i quali è stata sottolineata la volontà irachena di rafforzare i legami con i partner stranieri tanto dal punto di vista economico quanto politico. Tra gli incontri, anche quello con il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani, che ha sottolineato il carattere strategico dell'Iraq per la stabilità del Medio Oriente, nonché le potenzialità delle relazioni economiche italo-irachene[31].

Di là dalle tensioni tra Iran e Usa che si manifestano più o meno apertamente su territorio iracheno, negli ultimi mesi Teheran è inoltre tornata a essere fonte di preoccupazione diretta dal punto di vista securitario per Baghdad e in particolare per Erbil. A metà gennaio, infatti, nella stessa settimana in cui hanno colpito obiettivi in Siria e Pakistan, i pasdaran iraniani hanno diretto alcuni missili verso la capitale del Krg, con l'intento dichiarato di colpire alcune basi che, secondo dichiarazioni ufficiali degli stessi pasdaran[32], sarebbero affiliate al Mossad. L'attacco, che ha provocato la morte di alcuni civili, è stato duramente condannato, in quanto violazione della sovranità nazionale, da parte delle autorità irachene e curdo-irachene; entrambe hanno subito negato qualsiasi connessione degli obiettivi dell'attacco con il Mossad[33]. Questo attacco si inserisce peraltro nel quadro di una situazione tutt'altro che distesa rispetto all'approccio di Teheran verso le aree di confine con il Kri, altamente attenzionate da parte iraniana per quanto riguarda la presenza di gruppi curdo-iraniani di opposizione al regime, da quest'ultimo accusati a più riprese di aver alimentato le proteste che hanno scosso l'Iran nel 2022[34].

Come sottolineato dall'inviata speciale dell'Onu in Iraq Jeanine Hennis-Plasschaert, l'attacco iraniano di gennaio ha rappresentato una contraddizione nel quadro dell'accordo sulla sicurezza che Baghdad e Teheran hanno firmato a marzo 2023[35], e che prevede il rafforzamento della collaborazione bilaterale in materia di sicurezza e protezione delle frontiere, con riferimento tanto ai traffici di contrabbando quanto in particolare alle sopracitate questioni politiche[36] - propositi che non sembrano appunto andare di pari passo con attacchi missilistici lanciati oltre confine.

D'altro canto, il Kri si è confermato negli ultimi mesi anche oggetto di nuove offensive da parte della Turchia, che ha continuato la propria lotta contro gli esponenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) che fanno base nelle aree montuose oltre il confine turco-iracheno, e che a dicembre e gennaio hanno lanciato nuovi attacchi contro i soldati turchi presenti nella regione. Dal punto di vista politico, Ankara ha anche continuato ad accusare il Puk di sostenere il Pkk, estendendo così per altri sei mesi, sino a giugno 2024, il divieto di utilizzo dello spazio aereo turco da parte di voli da e per l'aeroporto di Sulaymaniyya, città del Kri sotto controllo del partito curdo-iracheno[37].

Nelle scorse settimane il presidente turco Erdoğan ha anche annunciato la volontà di lanciare un'operazione militare su larga scala la prossima estate al fine di neutralizzare definitivamente la minaccia del Pkk dal confine turco-iracheno. Una dichiarazione, questa, che è certamente in linea con l'assertività con cui Ankara ha trattato il dossier negli ultimi decenni, e che si può inoltre leggere alla luce del tentativo di Erdoğan di accattivarsi il sostegno delle forze più nazionaliste nel quadro delle elezioni locali che si sono tenute in Turchia a fine marzo[38], e il cui risultato a sfavore del presidente giocherà probabilmente un ruolo chiave nel definire gli equilibri politici del paese. In ogni caso, gli equilibri securitari legati alla presenza del Pkk e il ruolo di questo dossier nelle più ampie relazioni bilaterali turco-irachene, così come la questione dell'oleodotto Kirkuk-Ceyhan e le relative cause intentate da Baghdad contro Ankara saranno al centro della pianificata visita di Erdoğan in Iraq, che dovrebbe tenersi nel mese di aprile.

Nella visione della Turchia, la ricerca di una stabilità nell'area si lega a doppio filo anche al suo sostegno all'Iraq Development Road - progetto lanciato dall'Iraq nel maggio 2023 e finalizzato a creare un corridoio commerciale che dal porto iracheno di al-Faw, nella provincia di Bassora, dovrebbe giungere sino al Mediterraneo, attraversando tutto il territorio iracheno per poi collegarsi alla Turchia e da lì proseguire verso i mercati europei - che Ankara sostiene anche in ottica di concorrenza e opposizione all'India-Middle East-Europe Economic Corridor (Imec), che invece bypassa il territorio turco[39].

Ai fini della promozione dell'integrazione regionale, un altro grande dossier aperto è quello dell'elettricità, sul cui fronte qualcosa si sta muovendo. È infatti prevista per fine marzo l'attivazione della prima fase del progetto di interconnessione elettrica tra Giordania e Iraq, finalizzata a fornire elettricità a parte della regione irachena di al-Anbar[40]. A marzo, il ministro iracheno dell'Elettricità ha inoltre annunciato che entro la fine del 2024 dovrebbe essere completata anche l'interconnessione elettrica con il Kuwait nel quadro del progetto che collegherà Iraq e paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc)[41].

[1] Si veda su questo punto: C. Lovotti e L.S. Martini, "Iraq: alla ricerca di nuove soluzioni per problemi di lunga data", Focus Mediterraneo n. 3, V. Talbot (a cura di) per Osservatorio di politica internazionale di Camera e Senato, luglio 2023, pp. 29-36.

[2] "A year after halt, Iraq-Türkiye pipeline still stuck in limbo", Daily Sabah, 25 marzo 2024.

[3]Ibidem.

[4] B. Halabi, "Erbil, Baghdad relations complicate further", Argus Media, 12 marzo 2024.

[5] D.T. Memny, "Iraqi government to directly pay KRG employees following Supreme Court order", The New Arab, 27 febbraio 2024.

[6] "Kurdish judge exits Iraq's top court amid tension over Kurdistan rulings", Amwaj Media, 14 marzo 2024.

[7] The Presidency of the Kurdistan region - Iraq, "President Nechirvan Barzani announces the date of the Kurdistan Parliament election", 3 marzo 2024.

[8] "How election boycott may backfire for KDP", Amwaj Media, 22 marzo 2024.

[9] W. Rodgers, "Bafel in Baghdad: Finding the contours of the PUK's strategy in federal Iraq", Middle East Institute, 13 marzo 2024.

[10] S. Uysal, "Making Sense of Iraq's Politicized Supreme Court Rulings", The Washington Institute for Near East Policy, 4 dicembre 2023; W. Van Wilgenburg, "Iraqi federal court ruling deals another blow to Kurdistan regional government's oil autonomy", S&P Global, 22 febbraio 2024; "8 Supreme Court verdicts that redefined Baghdad-Erbil relations", Iraq Horizons, 20 marzo 2024.

[11] D. T. Memny, "Iraqi parliament set to elect new parliament speaker despite political disputes", The New Arab, 25 gennaio 2024.

[12] D. T. Memny, "As uncertainty prevails, Salem Al-Issawi nominated for Iraqi parliament speaker post", The New Arab, 12 marzo 2024.

[13] A. Zeyad, "Iraq announces reopening of a key oil refinery a decade after it was stormed by the Islamic State", AP News, 23 febbraio 2024.

[14] International Monetary Fund, "Iraq: Staff Concluding Statement of the 2024 IMF Article IV Mission", 1 marzo 2024.

[15] "Iraqi PM inaugurates two fertilizer factories in Basra", Iraqi Economists Network, 10 marzo 2024; A. Salem "Iraqi PM inaugurates metal factory in southern Iraq",Iraqi News, 10 marzo 2024.

[16] D. T. Memny, "Iraq's Central Bank bars eight local banks from US dollar transactions", The New Arab, 5 febbraio 2024.

[17] T. Azhari, "US expects Iraq to help disrupt Iran-backed groups' finances -Treasury official",Reuters, 31 gennaio 2024.

[18] Si veda per esempio: A. Salem, "Iraqi security arrests 9 terrorists belonging to ISIS", Iraqi News, 24 marzo 2024.

[19] "Iraq repatriates 625 people from Syria camp", Middle East Eye, 10 marzo 2024.

[20] J. Salhani, "Who are the Islamic Resistance in Iraq?",Al Jazeera, 10 febbraio 2024.

[21] "Iraq says 16 people, including civilians, killed in 'new US aggression'", Al Jazeera, 3 febbraio 2024.

[22] D. De Luce, M. Gains e D. Arkin, "U.S. strikes more than 85 targets in Iraq and Syria in initial barrage of retaliatory attacks", NBC News, 2 febbraio 2024.

[23] A. Rasheed, P. Hafezi e T. Azhari, "Iraqi armed groups dial down U.S. attacks on request of Iran commander", Reuters, 18 febbraio 2024.

[24] The White House, "Senior Defense, Military and State Department Officials Hold a U.S.-Iraq Higher Military Commission Background Briefing", 25 gennaio 2024; A. Kadhim, "Iraq's prime minister is sending mixed messages on whether US forces should withdraw or not", Atlantic Council, 13 gennaio 2024.

[25] "Why a US withdrawal from Iraq is off the table", Amwaj Media, 30 gennaio 2024.

[26] T. Azhari, "Talks to end US-led coalition in Iraq may take until after US election, Iraqi official says", Reuters, 12 marzo 2024.

[27] "Iraqi PM meets with US VP and US Congress members in Munich", Iraqi News, 17 febbraio 2024; The White House, "Readout of Vice President Harris's Meeting with Prime Minister Al-Sudani of Iraq", 16 febbraio 2024.

[28] "Iraqi Foreign Minister visits Washington for talks with US officials", Iraqi News, 22 marzo 2024.

[29] The White House, "Statement from Press Secretary Karine Jean-Pierre on the Visit of Prime Minister Mohammed Shia'a Al-Sudani of Iraq to the White House", 22 marzo 2024.

[30] D. Kurda, "Oil producers hope White House can pressure Sudani into resuming exports", Rudaw, 2 marzo 2024.

[31] "Italia-Iraq: Tajani vede premier al Sudani, confermato impegno a sostegno sicurezza", Agenzia Nova, 17 febbraio 2024.

[32] "Iranian missiles destroy Mossad HQ in Iraqi Kurdistan: IRGC", Islamic Republic News Agency, 16 gennaio 2024; "IRGC Missile Operation Part of Iran's Retribution for Terrorists: Spokesman", Tasnim News Agency, 16 gennaio 2024.

[33] "False claims made by Iran that Erbil attacks were for the Mossad base", Iraqi News, 16 gennaio 2024; J. Bechocha, "Iran insists Erbil attack struck Mossad bases; Iraq categorically denies", Rudaw, 17 gennaio 2024.

[34] "Spotlight on Iran-Iraq security deal as border fence erected", Amwaj Media, 13 marzo 2024.

[35] E. M. Lederer, "UN envoy warns more attacks on Iraq threaten its hard-won stability", AP News, 7 febbraio 2024.

[36] A. Rasheed, "Iraq and Iran sign deal to tighten border security", Reuters, 19 marzo 2023.

[37] D. T. Memny, "Turkey extends flight ban for Iraq's Sulaimaniyah Airport 'by another six months'", The New Arab, 26 dicembre 2023.

[38] S. Hacaoglu, "Turkey to Step Up Militant Attack as Erdogan Courts Nationalists", Bloomberg, 11 marzo 2024.

[39] L. Kemal e R. Soylu, "Turkey to launch Iraq military campaign to secure road-rail project to Gulf", Middle East Eye, 15 marzo 2024.

[40] "Iraq, Jordan near electricity linkage completion", Shafaq, 15 marzo 2024.

[41] A. Salem, "Iraq to complete electrical interconnection with Kuwait in late 2024", Iraqi News, 17 marzo 2024.